
Dopo quindici anni dal suo debutto L’origine del mondo. Ritratto di un interno di Lucia Calamaro torna in scena grazie al Teatro di Roma, e arriva al Piccolo Teatro di Milano in un riallestimento che vede protagoniste Concita De Gregorio, Carolina Rosi, Mariangeles Torres, rispettivamente: madre, nonna e figlia.
In tre atti queste tre donne affrontano un problema ancora oggi, dopo più di un decennio, attualissimo, ovvero la depressione che ne L’origine del mondo non è una malattia incurabile ma uno stato mutevole, a volte frustrante, a volte avvilente altre volte esilarante e (tragi)comico.
La scena si apre con Concita De Gregorio, in abiti eleganti e vestaglia da casa intenta a rovistare nel frigorifero – unico oggetto di scena nonchè unica fonte di luce – nel cuore della notte; l’attrice comincia un monologo con l’elettrodomestico a cui rivela le sue angoscie quotidiane, l’apatia che l’accompagna nelle sue giornate, il bisogno disperato di mangiare per colmare un vuoto che sente dentro eppure, e qui c’è la grande de L’origine del mondo, lo fa facendo morir dal ridere lo spettatore. La pesantezza del tema è smorzata infatti dalle battute sarcastiche di Concita, dagli oggetti improbabili che estrae dal frigo (libri, sigarette, posaceneri, ecc.) e dalla vivacità con cui l’attrice affronta il tutto.

I primi momenti dello spettacolo offrono così la chiave di lettura di tutto ciò che verrà dopo, questo senso di smarrimento esistenziale a cui si riesce a sopravvivere con l’ironia, con una battuta, con leggerezza ma mai con rassegnazione.
Ma ne L’origine del mondo c’è anche tanto altro, perchè in scena con Concita ci sono la figlia Mariangeles che vive questo stato della madre con abnegazione, restandole accanto, chiamandola di continuo “mamma” per ridarle il senso dell’esistenza, per riportarla nel mondo dei vivi; e la mamma di Concita stessa, Carolina, che negando la malattia della figlia la tratta come il malato immaginario di Moliere, invitandola a non lagnarsi tanto e a godersi la vita, anziché chiudersi in casa e abbandonarsi all’angoscia che ha dentro.
Come ha detto Concita De Gregorio in un’intervista:
L’origine del mondo (che poi è la fine, e poi di nuovo un inizio) è un testo potentissimo sul tempo che viviamo. Corre fra tre generazioni e definisce la circolarità e la ricorrenza di fragilità e paure, solitudini, sentimento di impotenza e di spaesamento
rispetto all’imperioso rumore cupo del mondo.
Le tre attrici danno vita allo spettacolo L’origine del mondo con una forza incredibile, sole su un palco vuoto se non per uno o due oggetti di scena, riescono a coinvolgere il pubblico per due ore e mezza; dalla loro hanno, oltre alla bravura, un testo brillante, ironico con tempi di scena serratissimi che non lasciano spazio alla noia o a cali di tensione ma che costringono lo spettatore ad essere sempre vigile e pronto a ridere di gusto a quelle battute così ciniche ma così vere che uscendo dalla sala si capisce che in fondo, per tutto il tempo, si è riso di se stessi.