L’amante di Pinter lacera l’apparente felicità della vita di coppia

Brillante performance della Compagnia “Le belle bandiere” al Teatro di Buti

Il teatro dell’assurdo del premio Nobel Harold Pinter è approdato al Teatro Francesco di Bartolo di Buti con L’amante, all’interno della stagione assieme al Teatro Era di Pontedera.
In questo atto unico del 1963, il drammaturgo inglese indaga la difficile convivenza di due coniugi, spossati dalla routine matrimoniale e perciò mossi a inventare degli accorgimenti che servano a riaccendere le braci di una passione assopita. Iniziando come di suo solito dal particolare, Pinter amplia lo sguardo sulla crisi della coppia borghese, sui suoi riti rigidamente codificati e i suoi tabù.

Ma diamo uno sguardo sulla complessa sinossi dello spettacolo. In prima apparenza, infatti, sembra di essere di fronte ad una piccola commedia borghese, quasi una pochade, basata sul più classico dei triangoli – marito (Richard), moglie (Sarah) e amante (Max) – sconvolto dall’impassibilità britannica con cui il marito, che ne è del tutto al corrente, accetta la situazione. Ma sono sufficienti una decina di minuti per rendersi conto che le cose non stanno così, visto che il marito che esce di casa la mattina per andare al lavoro nella City e l’amante che vi entra nel pomeriggio per scomparire prima che l’altro faccia ritorno sono, in realtà, la stessa persona. Adesso tutto sembra chiaro: sposati da dieci anni, i due hanno creato questa variante autarchica dell’adulterio per conservare o ridare vigore al loro rapporto.

Ma quando tutte le carte del gioco sembrano essere in tavola, il genio di Pinter tira fuori le invenzioni più sottili. Anche come amante, infatti, il protagonista tende a sdoppiarsi, facendo prima la parte di uno sconosciuto violentatore e subito dopo quella di un altrettanto sconosciuto salvatore; poi, di punto in bianco, dichiara di voler rompere la relazione perché gli disgusta continuare a “tradire” la donna che ama. E non è tutto: la sera, rincasato in veste di marito, si scopre inaspettatamente geloso e ordina alla moglie meravigliata di rispettare, d’ora in poi, la sacralità domestica: se proprio vuole incontrare l’amante lo incontri fuori di casa. È il preludio all’avvitamento finale della storia su sé stessa: come il dottor Jeckyll quando non riesce più a tenere sotto controllo le proprie metamorfosi in mister Hyde, il marito si trasforma “a vista” nell’amante e tutto si conclude con il preludio ad un amplesso fuori orario – il primo non pomeridiano – fra i due adulteri immaginari.

L’orchestrazione dei dialoghi è senz’altro il punto forte della drammaturgia di Harold Pinter: in questo allestimento della compagnia “Le belle bandiere”, viene privilegiato il ritmo e gli aspetti ludici e provocatori del testo, valorizzandone anche il contenuto comico, a discapito delle famose pause pinteriane.

Nella sperimentale messinscena di Elena Bucci e Marco Grosso, registi e attori allo stesso tempo, l’organizzazione dello spazio risulta tanto semplice quanto suggestivo, con una pedana rialzata sul palcoscenico, tavola di una scacchiera dove prende vita la partita di due eterni attori-amanti in un gioco delle parti al massacro.
Convincente la scelta registica, attraverso le voci registrate degli stessi attori, di “dare voce” a frammenti di didascalie originali del testo di Pinter nonostante in scena non vi siano azioni annesse, dando luogo ad una visione completa del testo che segue la linea dell’opera edificata sul “non detto” e il “non visto”.
All’insegna del minimalismo la scena è nuda e sono necessari pochi oggetti per creare spazi o situazioni: due poltrone e un tavolino ci portano in soggiorno, due stoffe bianche a terra rappresentano il letto degli sposi, mentre il “tradimento” e la trasgressione viene identificata nei tacchi alti e nei bongo.

Concludiamo con i bravissimi attori ampiamente applauditi dal pubblico.

Elena Bucci da corpo e inquietudine ad una Sarah stanca e malinconica che solo attraverso il “gioco” sa riaccendere risate sensuali e lontane, richiamo di una felicità ormai sopita sotto i bicchieri di whisky, Marco Sgrosso impersona magistralmente il doppio ruolo di Richard e Max, con cambi di registro eccellenti ed una mimica facciale da vero camaleonte della scena, portando ritmo e linfa vitale agli ingranaggi perfetti della commedia.