Successo per il bipolare Faust firmato Mc Vicar

All'Opera di Firenze Juraj Valčuha dirige la superba opera di Gounod

Continua a sorprendere ed emozionare il ‘londinese’ Faust di Gounod per la corroborante e bipolare regia di Mc Vicar, ripresa da Bruno Ravella all’Opera di Firenze.

L’opera, da sempre nel ‘ventre’ del suo compositore, ne mette in luce tutte le più intime e duplici nature: da una parte quell’anelito all’assoluto e sublime carico spirituale, dall’altro l’inesorabile attrazione verso i vizi e la mondanità. Una dicotomia messa bene in luce dall’efficace scenografia di Charles Edwards che vede convivere sul medesimo palco a destra la ricostruzione gotica della Chiesa di Saint-Séverin dove troneggia emblematico un organo monumentale, a sinistra (la mano del diavolo!) un palco d’Opera, casa dell’effimero, rappresentazione del demonio. Al centro la piazza di un quartiere popolare della Francia di Gounod, durante la guerra franco-prussiana.

E le trovate registiche riprese da Bruno Ravella, seppur con un po’ di anni alle spalle, continuano a dar spettacolo: dalla kermesse alla fine del secondo atto catapultata nel Cabaret L’enfer dove il valzer si trasforma in un lussurioso can can (qui una malcapitata Margherita si ritrova a rivestire i panni di cameriera), alla scena nella chiesa del IV atto, dove Margherita prega calorosamente ai piedi di un complesso monumentale che, stupore, svela nascondersi Mefistofele.

Continuano a riservare qualche perplessità immagini come il vino sgorgato dal costato del crocifisso dopo l’enfatico Le veau d’or, il Faust eroinomane prima del duello con Valentino e non ultimo il Mefistofele drag queen  in una Notte di Valpurga che vede protagonista la rappresentazione parodistica di Giselle, metafora della triste storia di Margerita.

Un disegno registico, supportato dai sapienti costumi di Brigitte Reiffenstuel ripresi da Anna Watkins, che lascia comunque il segno d’indiscusso successo e impressione. Qualche dubbio per le luci riprese da John Percox: seppur efficaci i tagli chiaroscuro che fanno emergere Mefistofele dalle tenebre, lasciano sentiti dubbi gli occhi di bue tremolanti alla caccia ora di Margherita ora di Faust (che non sempre colpiscono il bersaglio alla prima).

Protagonista indiscussa la Margherita di Carmela Remigio tenera e struggente, vocalmente impeccabile, splendida nella follia nascente alla morte/maledizione del fratello fino alla sofferta redenzione nel carcere.

Buona prova anche per Paul Gay, elegantemente ironico e cinico Mefistofele, dall’ottima presenza scenica e Valentino di Serban Vasile. Non proprio convincente il Faust di Wookyung Kim che mostra un certo impaccio sulle tessiture più alte e liriche.

Direzione elegante e passionale al contempo quella di Juraj Valčuha. L’Orchestra del Maggio Musicale dà la giusta enfasi, con qualche sbavatura. Ottima prova per il Coro, a suo agio anche nell’interpretazione.

E proprio come in origine, quando l’opera ebbe inizialmente modesta fortuna per quindi assicurarsi un indiscusso successo nelle rappresentazioni successive fino ad arrivare ad inaugurare nel 1883 perfino la Metropolitan Opera House di New York (senza contare le cinquecento repliche nel 1887, mille nel 1894), anche per la versione fiorentina, dopo i pochi fasti di una prima privata di scene e costumi causa sciopero (capace però di metterne in luce l’intrinseca forza musicale), il Faust riscuote un meritato successo fino all’ultima replica.

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