Handicap, amore, sesso

Sold out per la performance H come Amore, scritta, diretta e interpretata da Alessandro Riccio, in scena dal 2 al 11 febbraio al Teatro Conunale di Antella

Il tema del nuovo spettacolo di Alessandro Riccio ricorre spesso nel mondo del cinema: la disabilità, mentale e fisica, in rapporto all’amore e la sessualità. Un tema spinoso, vetroso, splendidamente arrangiato, ad esempio, in Forrest Gump, o in Profumo di donna. L’industria cinematografica ha sfruttato ampiamente l’argomento, per farne commedie agrodolci che sfumano nell’happy ending; o pellicole più coraggiose, provocatorie, scabrose, esempio Le onde del destino di Lars Von Trier, o ancora, allargando smodatamente la prospettiva, forse anche Il silenzio degli innocenti.

La radice che ha mosso il regista e attore fiorentino è invece il libro-inchiesta Love-Ability (a cura di Maximiliano Ulivieri), dove si indaga sulla necessità di introdurre anche in Italia l’assistenza sessuale per persone disabili. Attingendo a questa problematica, di cui poco si parla, e che è poco trattata in teatro – mentre più vivi sono i casi in cui gli attori stessi provengono da ospedali psichiatrici (vedi Accademia della Follia di Trieste) -, la drammaturgia di H come Amore ha plasmato un trentaseienne con gravi difficoltà intellettive e motorie, appassionato di automobili e di Formula 1, a cui è negata l’affettività intima con una donna. Sarà la madre a contattare la prostituta Halina (Gaia Nanni), promettendole un lauto guadagno, per dare al figlio la chance che tutte le persone, cosiddette normali, hanno. Ma cosa è la normalità? Questo è l’interrogativo più stimolante dello spettacolo, la domanda chiave. La normalità è una percezione relativa, o assoluta?

Lo spettatore arriva a intuire l’intelligenza emotiva del personaggio maschile, i suoi slanci di altruismo, che agli occhi della donna, dopo un inizio di stordimento e rigetto, lo rendono uomo come ogni altro, forse ancora più virile. Anche se stavolta, Alessandro Riccio, non ha scavato in verticale nella profondità del personaggio, Stefano; ma si è fermato a una riproduzione veristica, e per questo limitante, con gesti accentuati ed estremamente aderenti al reale. Si sente la mancanza di un’astrazione sintetica, di uno scorcio che lasci intravedere il disagio di chi non sa gestire le pulsioni, perché se ne vergogna, o perché talmente spaventato da rifiutarle. I tormentoni “puttana”, “tu sei comunista“,”tu parli turco“, “mio zio è morto” alla lunga si fanno pallidi e non offrono una dimensionalità che giustifica a pieno la metamorfosi di Halina.
Nonostante questa criticità, il punto di rottura emotivo viene tuttavia percepito dal pubblico – affezionato e numeroso -, che riempie le sale di un piccolo, accogliente teatro di provincia. In cerca di quello che il quotidiano nasconde e nega. Pietà e contrasti.