Buena Onda firmata Valter Lupo

[rating=4] “All’armatore il jazz non piace. E pure Dio non ne va pazzo.”

Rocco Papaleo è Gegè Cristofori, frontman della band “Gegè e gli Incompresi” che si esibisce sulla nave da crociera “Buena Onda”; entertainer di professione, mai arriso dal successo vero, malinconico artista del sud che si guadagna da vivere con la sua arte, e con i compromessi che chi sceglie questa vita bellissima e dura conosce, con quel pizzico di ironia che salva la vita sempre.

Con lui quattro musici, i fratelli Accardo: Jerry alle percussioni e Francesco alla chitarra, Arturo Valiante al piano e al contrabbasso Guerino Rondolone.

Giovanni Esposito è il comandante della nave, aspirante attore che non ha avuto il coraggio di affrontare le insidie della vita da teatrante: l’insicurezza, la mancanza di un futuro sicuro, il dover ricominciare ogni volta, e a quella vita ha preferito l’andare per mare, però appena possibile ricerca l’adrenalina del contatto col pubblico, il salire su un palco, affabulatore cantastorie e menestrello marino, nascosto dalla divisa che spesso dà sicurezza a chi ne sarebbe altrimenti sprovvisto.

La quarta parete è infranta da subito: il pubblico entra in sala e ci trova gli attori con i costumi di scena, in piedi ad accoglierli: sì perchè il pubblico del teatro è il pubblico della crociera; tanti saranno i momenti in cui gli entertainers scenderanno nella platea per interagire con gli spettatori e fare di loro parte integrante di questo show di teatro-canzone, malinconico e affabulatorio, allegro e intriso di quella vaga tristezza che chi fa della vita un’arte, o chi fa un’arte nella vita, conosce così bene.

Lo spettacolo è ambientato in una nave da crociera, e dunque: la sospensione dalla vita vera, la lontananza dagli affetti, il fascino delle terre lontane, dell’andare per mare, la nostalgia e il non poter fare altrimenti, il non poter essere altro che un artista, costi quello che costi, e l’allure che da sempre accompagna chi fa dell’arte il mestiere senza i riconoscimenti della fama e della ricchezza. Il tutto aumentato dall’essere del sud, ricordato ad ogni occasione (“Le mer” di Charles Trenet cantata in lucano stretto…) con la malinconia dell’esule, del migrante, di chi la patria lontana la serba nel cuore.

Molte le assonanza col fortunato film ” Basilicata coast to coast”: il viaggio, il sud, le canzoni, gli uomini e le loro amicizie (a proposito, è un cast tutto maschile, le donne sono lontane, desiderate magari, ma in secondo piano, e subito viene in mente il film ” Turnè” di Salvatores, anche lì due artisti protagonisti in un viaggio, anche lì la colonna sonora era il blues di Roberto Ciotti). Ma tant’è, l’artista quello è, e anzi, forse neanche gli dispiace più di tanto non avere gli onori del successo e dei soldi, se ciò vorrebbe dire rinunciare alla poesia, alla malinconia, al fascino del musicista o dell’attore sperso e solo che vive di e per la sua arte.

Lo spettacolo teatrale nasce insieme al film omonimo, che invece non ha avuto successo: come sul palco, quando il Papaleo-singer combatte con l’Esposito-comandante perchè il primo vuole fare arte, e il secondo vuole piacere al grande pubblico: certi compromessi non funzionano. Questo spettacolo è godibilissimo, ma non è da sala cinematografica, la malinconia, la tenerezza, il fascino degli intrattenitori e del mare devono stare su un palco, e anzi scendere in platea, a parlare col pubblico, a farli alzare in piedi e a farli ondeggiare anche loro come fa il mare.

Torna alla memoria quella battuta del film citato di Salvatores, quando una ingenua giornalista chiede al teatrante-Abatantuono:
– Ma se lei dovesse scegliere tra il palco e il grande amore, cosa sceglierebbe?
– Sceglierei il primo, per garantirmi il secondo.
Ecco.

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