Moving Bodies Festival: tra butoh, performance e Catastrofe

11 e 12 novembre appuntamento con le live arts a Torino, dove si è svolto il Moving Bodies Festival

Torino. Del Moving Bodies, interessante Festival organizzato da Enrico Pastore e Ambra Gatto Bergamasco che si è tenuto l’11 e 12 novembre al Teatro Espace, recensirò Catastrofe di Francesco Collavino. Non prima di lodare l’idea, da parte dell’organizzazione, di strutturare un incontro con dibattito tra artisti e pubblico al termine di ogni performance. Un momento di scambio che gli spettatori hanno accolto e sviluppato, generando una reale necessità di capire e approfondire lavori spesso controversi.

La prima a esibirsi è stata Eliza Soroga, che ha scelto la danza butoh come mezzo di espressione per il suo Liquid Love, una digressione autobiografica sul rapporto con gli uomini e la bellezza, la seduzione e la solitudine. Sulle note de La Norma (in versione Maria Callas), il suo corpo segue un linguaggio lento e deformante che la accascia a terra, mancando tuttavia, nel processo, di aderenza e coesione dei movimenti. Punto di contrasto l’asimmetria di un oggetto sonoro di plastica ad accentuare il seno sinistro, che suonato rende parodistica la ricerca sul melodrammatico.

Segue il performer Gabriel Longega, con la provocatoria performance SMILE -Towards a subversion of norms. Ossessioni personali che si fanno collettive, una camminata sul pavimento disseminato di oggetti quotidiani che perdono la loro funzione, l’urgenza pulsante sembra essere la questione del genere, la dicotomia maschile/femminile. Il punto di partenza della sua ricerca – l’identità sessuale – pur essendo frutto di un ascolto interiore, quindi come tale vitale, risulta usurato – vista la proliferazione incontrollata di azioni teatrali aventi come nucleo questo tema. Rimane impressa l’immagine del ferro da stiro in fiamme, di ispirazione dadaista, bell’incrocio tra utilità e inutilità del gesto artistico.

Arriviamo a Catastrofe del coreografo e danzatore Francesco Collavino, giovane dal curriculum brillante e straripante. Formatosi all’Accademia di recitazione Nico Pepe di Udine, Francesco crea presto la sua rete di produzione, Ba.Bau.Corp., di cui è visual artist, interprete e coreografo. Pur essendo ancora un progetto in fase di costruzione, Catastrofe risuona di una freschezza compositiva e interpretativa unita a una potenza stabile scheggiata nelle forme, che lo fa ammirare come un’opera compiuta. Se molti danzatori si avvalgono di tecnica senza usare la fantasia, oppure di fantasia senza preparazione tecnica, Collavino incolla in sé i mondi della creatività col suo stare in scena danzando sorretto da una cognizione impeccabile dei propri muscoli. Qua e là risplendono dei sottofondi concettuali, uniti a un uso della tecnologia e degli oggetti totalmente libero e significante, se pur immerso nel magma del puro segno. L’idea della crisi e del disastro come cambiamento nasce qui dall’idea di terremoto fisico ed emotivo, occcasione per rivedere le proprie strutture morali e spirituali, confrontarsi con la paura e vivere l’incertezza. Francesco gioca con vera anima dionisiaca, finalmente restituendo alla danza contemporanea il piacere di muoversi nello spazio in eccellente ritmo tra equilibrio e disequilibrio, incontrollato furore e calcolato intento. L’immagine iniziale del lampadario e poi quella semi-finale del dinosauro meccanico sono appellativi senza pronomi, momenti di libertà dentro e fuori l’esigenza di un tempo che ancora la crisi non riesce a metabolizzarla.

Termina il Festival danimanimale-azione per corpo e voce, di Paola Bianchi e Ivan Fantini, un lavoro teso e tagliente che vede la commistione tra il reading e la danza. Il testo di Ivan Fantini è intriso di parole secche, tese, disaccordi che si scontrano per generare un male di vivere che attanaglia il corpo e le sue espressioni verbali, in contrasto con il suo monotono andamento della voce – forse troppo. Da contraltare il sottofondo sonoro manovrato da Paola Bianchi, che entra successivamente in scena svelando la sua coreografia non rassicurante, manifestazione esteriore di turbamenti e invettive, stati d’agitazione e rifiuto di una perfezione estetica. La sua ricerca sul corpo come bersaglio, preda, attraversamenti di violenti istinti, arriva forte e chiara.