
Lontano dalle vie illuminate a festa del centro città, lontano dalle pellicce e dalle perle delle signore al debutto della Bohème al San Carlo, lontano dall’albero più alto d’Europa che affaccia sul mare e di certo lontano anche da quella Scampia così degradata ma ormai così famosa, a Napoli Est, nel quartiere di San Giovanni a Teduccio, noto alle cronache (ma sconosciuto “al pubblico”) per lo spaccio di droga e la criminalità, tre giovani artisti napoletani Francesco Di Leva, Adriano Pantaleo e Carmine Guarino hanno dato vita ad un sogno che da cinque anni a questa parte portano avanti con coraggio e determinazione: il NEST – Napoli Est Teatro.
Nella palestra di una scuola primaria da anni chiusa e abbandonata al degrado i tre hanno messo su un piccolo teatro che collabora attivamente col territorio attraverso iniziative e laboratori che hanno lo scopo di dare un’opportunità e una speranza in più a chi, nato e cresciuto in quelle zone, non ha mai potuto conoscere un’alternativa alla vita da “guappo”.
Dai primi passi mossi qualche anno fa il teatro è cresciuto aprendosi a grandi nomi quali Emma Dante (ospite la scorsa settimana) o Mario Martone (in cartellone a febbraio) e portando sul suo palco lo scorso 21 dicembre il maestro della recitazione Toni Servillo in uno spettacolo i cui proventi sono stati completamente devoluti in beneficenza.
In un recital di poco meno di un’ora un Servillo superbo e energico ha fatto rivivere i grandi poeti e drammaturghi napoletani da Edoardo De Filippo a Raffaele Viviani, da Salvatore Russo a Salvatore Di Giacomo, da Mimmo Borrelli a Michele Sovente incantando non solo il pubblico di estimatori e appassionati di teatro ma soprattutto quel pubblico di scugnizzi, cresciuti nei vicoli, che erano stati riuniti dai collaboratori del Nest e portati a teatro a vedere questo gioiello della nostra terra.
Servillo ha ripreso il repertorio di altri spettacoli come “Servillo legge Napoli” e “La parola canta” caricandoli però di una verve sconosciuta, che traeva linfa vitale dallo spazio ristretto e intimo gremito di gente e di sogni e dalle risate a crepapelle dei ragazzini di San Giovanni seduti per terra davanti al palco.
Spogliatosi della sua aria seria e solenne l’attore è diventato in quel teatro un ragazzo del popolo anche lui, un pigmalione che piegava a suo volere personaggi e icone, una maschera che raccontava le disgrazie di un popolo abbandonato pure da Dio che però ha sempre saputo ingegnarsi per guadagnarsi il suo morso di vita.
E sarà stata la magia che si respirava in quel teatro, sarà stata la gioia delle risate sguaiate e fragorose, sarà stata l’emozione di vedere realizzarsi un sogno, ma su quel piccolo palco spoglio, davanti a quei ragazzi che nemmeno sapevano chi fosse, Servillo si è esibito in una delle sue prove più belle ed emozionanti, dimenticandosi anche della stanchezza accumulata in un mese di spettacoli senza sosta, lui che quando si è fermato per annunciare l’ultima poesia ha detto in napoletano “Quando recito non ho problemi e non sento la stanchezza, ma appena mi fermo mi sento perso!”.
Al Nest Servillo ha dato prova non solo di immensa bravura ma anche di umanità e bontà dimostrando che, nonostante l’Oscar e le collaborazioni con i più grandi registi italiani degli ultimi anni, non ha mai dimenticato la sua terra e che continua a credere in chi lotta costantemente per cambiare le cose.
E a chi si chiede perché un attore di ritorno dal Piccolo di Milano e in partenza per una tournèe a Parigi sia venuto a recitare in un piccolo teatro di provincia si può rispondere con l’aneddoto raccontato da Francesco Di Leva a fine spettacolo:
«Ieri abbiamo detto ai ragazzi del laboratorio: “Mi raccomando domani tutti qui, non vogliamo sentire scuse, viene Toni Servillo” e uno di loro a risposto: “E chi è?”, allora li ho guardati e ho detto: “Perciò Toni Servillo deve venire qua, perché loro non lo sanno chi è Toni Servillo!”».