Come Erika e Omar … lo sguardo sull’abisso

[rating=5] Fotografia impietosa della provincia italiana: perbenismo, delitti efferati, crudeltà quotidiane  consumate nel clima soffocante di un’apparente familiarità. Come Erika e Omar è  il  “diversamente musical” diretto da Enzo Iachetti su  libretto di Tobia Rossi e musiche di Francesco Lori. Operazione  innovativa nei temi e nella scelta strutturale; ha il  grande pregio di aprirsi  a numerose chiavi di lettura e citazioni letterarie il sempre  immortale a “sangue freddo” di Truman Capote o il  caustico“To die for” di Gus Van Sant.

“Copycat” in versione italiana. L’ambiente  grigio e soffocante della provincia  scatena la follia adolescenziale di una coppia di ragazzi. La pressione  subita  da una famiglia onnipresente e ipocrita  innesca l’inevitabile  meccanismo d’imitazione della  nota coppia omicida: Erica e Omar. Assassinio e colpa  attecchiscono nella comunità  svelandone il vero volto: nella speculazione declinata  nella vacuità  degli “approfondimenti di cronaca”  o nella vacuità delle ospitate televisive. Libretto e liriche creano, in aperta dissonanza con l’adattamento musicale,  l’effetto di un cocktail  al cianuro e il resto…è storia!

Come Erika e Omar

Processo ai media. La regia brillantemente pessimista di Enzo Iacchetti istituisce il processo ai media. Si ride amaro pensando al carico di colpa e responsabilità, giocato dai programmi televisivi e dal dominio, su idee  e opinioni, esercitato dal quarto potere.

Giornali e televisione giocano il ruolo di cattivi maestri: istigatori al delitto, capaci d’instillare e distorcere idee e desideri nel pubblico. Il libero arbitrio latita nella coppia post Erika e Omar: Jessica (Gea Andreotti) e Christan (Massimiliano Pironti), anestetizzati dalla prospettiva di una vita priva di difficoltà, scelgono la via di fuga, dalle incombenze,  la  più veloce,  la più raccapricciante. Per quanto la realtà si presenti priva di attrattive e vuota non si concedono ammende. Il peso  della colpa individuale rimane: incancellabile testimonianza della fragilità umana.

“E’ tutto uno show”. La frase che racchiude il senso stesso della commedia ed è parte di una colonna sonora che spazia dal rock al mélo. Scene e luci – a cura Alessandro  Molinari e Gaspare De Pascali –  abilmente stilizzate, riportano ad una espressione concettuale della realtà  …  La storia di Christian e Jessica, paradigma di mille altre province simili, è l’emblema del senso di vuoto di mille altre storie. Gli elementi che costituiscono la scena borghese in casa di Jessica o gli esterni del centro suburbano: sono stilizzati e convenzionali (esaltandone la  funzione anziché il carattere).

Lo stesso  destino tocca ai personaggi di contorno: a parte i due protagonisti, si gioca tutto sul ruolo sociale incarnato dai caratteri, anziché sulle connotazioni individuali. Non mancano gli aspetti trash tragicomici, della tragedia: paradossale la coppia di  “pellegrini del delitto”: padre e figlia  appassionati feticisti di stragi e omicidi (per la cronaca il tour delle case del “delitto” esiste davvero!).

Un evviva per uno spettacolo che non ha paura di sperimentare nuove forme espressive, anche a rischio di ostentare una sana forma di realismo. Elevato il  livello del cast artistico: qualche incertezza iniziale, da parte del duo di protagonista, risolta con estrema disinvoltura. Si auspica la ripresa dello spettacolo nel corso della prossima stagione teatrale.

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