Cellophane è immondizia altro che risorsa scritto e diretto da Camilla Cuparo

Fino al 16 giugno a Roma al Teatro Centrale Preneste.

Ovunque è cellophane sul palco; tanti corpi esanimi ivi sparsi, una chitarra suonata dal vivo da Cristiano Leopardi e una scala, in cima alla quale a centro scena, volto bianco e tutto nero, c’è il fato o destino, ma c’è differenza tra l’uno e l’altro e un battito di mani dà il via alla giostra. I corpi si animano e incontriamo dapprima una bambina con le mani infreddolite, che lancia pane e ferite, quelle della sua vita, in un ipotetico lago, ma tutto si muove su un leitmotiv che è il destino segnato da madri cresciute facendo il pane con la pasta madre. La mamma è Rita Grasso e nelle sue parole evoca il profumo del pane prima che arrivasse quello nella plastica: è da quel punto in poi che il mondo ha iniziato a morire.

Quattro generazioni legate da questo inebriante aroma come in una favola, un po’ sogno, un po’ incubo, che alla bambina alterna i ballerini, bravi giovani con ottime potenzialità e mette in risalto le difficoltà di lui che è imbrigliato in un corpo di uomo. Tutto è nuance di bianchi grigi e neri e questo bravissimo attore Enrico Gargiulo veste ora la calzamaglia, ora il reggiseno, ora resta in boxer, in una abilità interpretativa notevole. Una grande regia di Camilla Cuparo, attenta al suo testo e al messaggio che tutto ormai è di cellophane: i corpi, le persone, le vite: tutte impeccabilmente confezionate in una pellicola blu.

Nella giostra i due amici per la pelle si contendono una medesima ragazza e la passione per le corse automobilistiche fa da trait d’union per l’amicizia fraterna, fino al botto inevitabile, vista la passione ad alto rischio che lascia uno dei due, quello che ha guadagnato per sè l’amore della bella in gioco, agganciato a tubicini e cannule in una sorta di esistenza più virtuale che reale, di cellophane appunto ad esasperare con giusta riflessione il tema, in spasmodica attesa che il giorno seguente sia l’ultimo. Ma non è così facile.

Tante le situazioni fanno del tema un spettacolo degno di interesse e plauso, storie di fratelli e sorelle, di amori particolari, di scontrini alla cassa dei supermercati, di piaceri in vendita tutto per un ultimo finale “L’amore deve ricominciare dalla “pasta madre” per pulire le nostre vite e il nostro destino da tutta la plastica dilagante in ogni dove, che è solo ”monnezza…, altro che risorsa”. Un grande applauso e qualche lacrima per un bel lavoro di sentimento.