
Torna al Comunale un’opera tra le più popolari, la pucciniana Bohème , per la già conosciuta regia di Mario Pontiggia, in scena il 25 novembre: un modo egregiamente apprezzabile per superare a testa alta la crisi.
L’opera lirica in quattro quadri di Giacomo Puccini, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, si ispira al romanzo di Henri Murger Scènes de la vie de bohème , romanzo che segna, nella letteratura francese ottocentesca, la comparsa di elementi naturalistici propri del vivere quotidiano. Il libretto è frutto di una tormentata gestazione lunga più di due anni, che vede divisi Illica, strenuamente legato al romanzo originale, e Puccini, proteso verso un sostanzialmente rinnovato “verismo sentimentale”: il risultato è un canovaccio che lascia sottintese molte informazioni, creando vuoti e duplici interpretazioni circa la stessa Mimì, ora carica di quel libertinaggio tracciato da Murder, ora struggente vittima della sorte alla pucciniana maniera. L’opera affronta la prima rappresentazione al Teatro Regio di Torino il 1º febbraio 1896, riscuotendo un amaro insuccesso.
Ambientata nella Parigi degli anni ’40 dell’Ottocento, stagione del tramonto della libertà e giovinezza artistica, vede come protagonisti giovani artisti bohémien di fin de siècle , “scapigliati” e squattrinati. Il lavoro si mostra come “opera collettiva” per antonomasia, priva di quei ruoli protagonistici propri del melodramma romantico; si tratta piuttosto di una realtà di “piccole cose” alla pascoliniana, con oggetti poveri quali la cuffietta rosa, i giocattoli, il libro di preghiere, l’aringa, il manicotto. Emblematico il titolo dell’opera, che non si riferisce più a un singolo personaggio, bensì riassume in una parola una stagione della vita. Il tutto si riflette in una musica priva delle forme tradizionali ed arricchita da molteplici frammenti melodici, con romanze più modeste ed un flusso orchestrale continuo ed espressivo, liricamente evocativo, protagonista assoluto della partitura.
Le note scelte registiche di Mario Pontiggia , già apprezzate nel felice allestimento del 2008 sempre al Maggio per il popolare evento Recondita Armonia , sono votate alla perfetta aderenza con l’originale: punte di maggior efficacia visiva risultano il secondo e terzo quadro, immerso nella nebbia e nella neve con suggestioni impressioniste, recuperando con scioltezza un’idea d’opera tradizionale nel vivace quadro del Quartiere Latino, direttamente leggibile e di gradevole impatto visivo. Altrettanto ben emozionalmente calate nell’atmosfera le scene ed i costumi di Francesco Zito.
Tragica e struggente la Mimì di Carmela Remigio , osannata a scena aperta, oserei dire un po’ eccessivi per una prova che ha acquistato corpo e valore soprattutto negli ultimi due quadri; bella prova canora e attoriale per l’appassionato e pudico Rodolfo di Aquiles Machado ; apprezzabile la prova di Stefano Antonucci nel ruolo del pittore Marcello, in perfetta sintonia con i compagni di strada: Simone Del Savio , ottimo Schaunard e Marco Vinco , applaudito Colline nella sempre toccante “Vecchia zimarra”, aria “vecchio stile”, strettamente legata al tragico addio dei due innamorati. Brillante e sensuale l’intrigante civetteria della Musetta di Alessandra Marianelli.
Esecuzione ben equilibrata e precisa per l’ Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino diretta dall’espressivo Carlo Montanaro . Ragguardevole il Coro del Maggio istruito da Piero Monti e quello di voci bianche I Ragazzi Cantori di Firenze diretti da Marisol Carballo.
Il Teatro Comunale era affollatissimo e l’accoglienza del pubblico è stata molto calorosa, con applausi insistenti ai protagonisti dopo le arie più famose e un pieno successo per tutti alla passerella finale, tolti alcuni non condivisi malumori all’uscita del direttore.
Prossime date 27 e 30 novembre, 2 e 3 dicembre.