ROF: Ricciardo e Zoraide di Rossini, prima la musica poi le parole

Vince la musica di Rossini nel Ricciardo e Zoraide in scena al ROF 2018

Juan Diego Florez Riccardo e Zoraide Pesaro ROF 2018 Foto, Studio Amati Bacciardi

Per chi ama Rossini, il Belcanto ed in senso più esteso il melodramma, non può non andare almeno una volta nella vita al Rossini Opera Festival! Per partecipare può bastare mettersi via un euro al giorno e permettersi così il “lusso” di uno spettacolo al ROF. E di “lusso” si può parlare, ma non tanto per le macchine posteggiate nel parcheggio dell’Adriatic Arena tra cui la mia “Clio” si ritagliava il proprio posto, quanto piuttosto per il lusso di avere radunati qui, nella città di Rossini e durante la stagione più bella dell’anno, il meglio che ci sia in circolazione quanto ad interpretazione rossiniana in un turbinio di eventi tutti molto interessanti.

Due secoli sono passati da che Rossini vide la prima del suo Ricciardo e Zoraide opera che per sua propria volontà rappresenta la somma della scuola napoletana: la musica infatti, pur celando nelle sue pieghe i tratti della genialità del pesarese, si adatta ai dettami del teatro napoletano nel migliore dei modi. Qui i pezzi di insieme raggiungono livelli di rara raffinatezza a scapito delle arie solistiche (solo quattro in tutta l’opera) di dimensioni più contenute a cui però non manca la zampata del grande innovatore. Così come innovativo sarà sembrato all’epoca l’utilizzo di parte dell’orchestra in palco e fuori scena che già nel corso dell’ouverture si carica di significato drammaturgico oltre che musicale. Tutto questo su un testo complicatissimo, ad opera di Francesco Berio Di Salsa, che solo un genio poteva vestire con tanta raffinata bellezza.

Operazioni come queste non avrebbero ragione di esistere se non si potesse disporre di cast più che “adeguati”. Solo i nomi dei primi interpreti che furono Nazzari, David, Colbran e Pesaroni già danno le coordinate della caratura artistica richiesta per un’occasione come questa. Ebbene, a Pesaro si tenta nuovamente l’esperimento e si vince la sfida.

Ospite quest’anno la pregiata Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI che ha dato una lettura sensibilissima e compatta della partitura rossiniana sotto l’ottima guida del Maestro Giacomo Sagripanti, che ha mantenuto le fila di un discorso quanto mai frammentario, restituendo una lettura del RICCIARDO per quanto possibile logica. Forse resta ancora qualcosa di estraneo nella lettura del giovane direttore rispetto alla scrittura rossiniana ma ciò non toglie merito al risultato complessivo.

Il cast, come ovvio che fosse, è dominato da Juan Diego Florez accolto al termine della propria scena, “S’ella mi è ognor fedele… Qual sarà mai la gioia”, da ovazioni da stadio. Il canto e la tecnica sono quelli che sempre conosciamo e l’emozione di ascoltare un fuoriclasse del genere di persona davvero rende unica l’occasione di essere in sala. Florez non ha solo la perizia tecnica dalla sua, a rendere unico il suo ascolto è la completa compenetrazione col personaggio, tanto da rendere credibili i sentimenti di Ricciardo pur nella loro inconsistenza.

Foto, studio Amati Bacciardi

Rivale di tale Ricciardo, si pone a durissimo cimento l’Agorante di Sergey Romanovsky. Il ruolo nato per il Nazzari mette l’interprete alle corde con l’insidiosissima tessitura di beritenore che spesso  porta la voce sotto il rigo per poi slanciarla all’acuto, insiste spesso sulle note di passaggio ed i questo caso richiede una verve scenica di prima qualità. A tutte queste insidie Romanovky risponde egregiamente: tratteggia, al pari del proprio “rivale”, un personaggio vivo e affascinante. Vocalmente, salvo qualche estremo acuto un po’ fortunoso, tutto funziona a meraviglia tanto più poi se si tiene conto anche della lunghezza interminabile del ruolo.

Anche il ruolo di Zoraide, che fu della Colbran, ha una durata sconfinata ed una scrittura vocale impervia. Ruolo acuto a volte acutissimo chiede, come nel caso dei due tenori, non solo di avere un magistero all’altezza della situazione come pure una varietà di colori impressionante. La brava Pretty Yende riesce a vincere la sfida mettendo al servizio di questa produzione la sua bella voce dall’impasto morbido e ricco di armonici, nonché i suoi acuti luminosi e tutta la perizia tecnica affrontando sicura ed al meglio ogni passaggio lirico o di coloratura che sia.

Sergey Romanovsky foto Studio Amati BAcciardi

L’ingrato ruolo della rivale Zomira è sostenuto da Vicoria Yarovaya. Voce rotonda e d’impasto scuro, agilità sicure ed un notevole temperamento fanno di lei un’interprete perfetta del ruolo. Con lei il duetto con Zoraide nel primo atto ha costituito uno dei punti più alti della serata.

Accanto a questo quartetto di artisti di altissimo livello ci ha piacevolmente impressionato la prova di Xabier Anduaga, parte spesso doppia di Ricciardo è chiamato infatti a ripetere o “doppiare” le frasi del protagonista. Xabier con voce solida e dal timbro particolarmente lucente ha sbalzato il ruolo di Ernesto nel migliore dei modi ritagliandosi una fetta di meritate ovazioni al termine dello spettacolo.

Pretty Yende Foto Studio Amati Bacciardi

Prova maiuscola anche per Nicola Ulivieri nel breve, ma deciso ed autorevole, ruolo di Ircano. Ottime poi le parti di fianco di Sofia Mchedlishvili (Fatima), Matiniana Antonie (Elmira) e Ruzil Gatin (Zamorre). Bella sorpresa ha rappresentato la prova del coro del Teatro Ventidio Basso istruiti benissimo da Giovanni Farina.

A simile eccellenza musicale, purtroppo, non ha dato degna risposta la parte visiva. La regia didascalica ed inconsistente di Marshall Pynkovski, le tele dipinte di Gerard Guaci ed i costumi di Michael Gianfrancesco (di cui è meglio tacere) e le pedanti coreografie della Zingg “decorano” il testo rossiniano nel più puro stile “principesse Disney”… ma qui siamo al ROF e le cose si pretendono (giustamente) in modo diverso. Peccato a questo punto, non aver riproposto lo spettacolo di Ronconi.

Al termine tutti gli interpreti sono stati accolti con soddisfazione da un pubblico in delirio. Evviva la musica di Rossini, evviva la ricerca del Rossini Opera Festival che nel corso di questi decenni ha riportato alla luce simili capolavori!