Come fossi solo di Marco Magini

Edito da Giunti Editore
Alla Cap e alla professoressa Cappelli

Marco Magini ripercorre la strage di Srebrenica attraverso l’intreccio di tre voci: il magistrato spagnolo Romeo González, il casco blu olandese Dirk e il soldato serbo-croato Dražen Erdemović.

In un momento in cui fare il soldato è l’unico mestiere sicuro, Dražen indossa la divisa che lo porterà a essere vittima e carnefice allo stesso tempo, coninvolto nell’esercito serbo come uno tra i tanti numeri, si ritrova schiacciato nel limbo mors tua vita mea.

“Non ci si abitua mai al pensiero della morte, non io, con Sanja e Irina a casa”. Sì, perché è meglio un papà pieno di rimorsi che un papà morto. L’unica speranza che spinge per inerzia a schiacciare ancora il grilletto contro volti rigati dal pianto, grida e implori, è tornare a casa dalla moglie e la figlia.

Dražen ripensa al giorno in cui ha cominciato “a far finta di niente, a girar la testa pur di continuare a vivere.” Lo scenario è volutamente crudo, l’autore descrive nei dettagli l’uccisione dei prigionieri, le urla delle donne violentate, l’efferatezza dei soldati pronti ad agire in nome della patria. Forse c’è qualche “mano sulla spalla” di troppo.

Dražen Erdemović è stato l’unico soldato del suo battaglione a essere stato processato e condannato e l’unico a confessare di aver preso parte al massacro. Magini ripercorre e ricostruisce con abilità i piccoli meccanismi apparentemente insignificanti, che portano ad azioni con conseguenze devastanti.

Attraverso la figura di Dirk e del giudice Romeo, in particolare, emerge chiaramente come a volte la legge non voglia dire giustizia e di come sia inutile correre incontro a una bandiera blu. Esemplificativa è la domanda: “Possiamo con la nostra sentenza implicitamente pretendere che l’imputato avrebbe dovuto comportarsi come un eroe?”.

@Neri_Noemi

 

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