Solo, ma non troppo. Arturo Brachetti conquista Montecatini Terme

Al Teatro Verdi di Montecatini Terme, appuntamento giovedì 29 novembre con un eccelso trasformista, il più veloce al mondo. Pubblico in estasi

Maestro del trasformismo ed eterno folletto, Arturo Brachetti racconta che da bambino, chiuso in bagno, imitava personaggi immaginifici e sperimentava tecniche che in futuro lo avrebbero reso famoso ai quattro angoli del globo. Qualche piccolo spettatore in sala potrebbe essere ispirato a fare lo stesso? Trasmettere la forza dell’inventiva alle generazioni giovanissime è uno scopo vitale che si può riscontrare in ogni show di Brachetti, non ultimo Solo, da lui diretto e interpretato.

Infinito caos di cambi d’abito ed atmosfere, Solo è l’espressione di uno stile carnevalesco ma preciso come un orologio svizzero, a tratti soave, poi nuovamente carico d’azione.
La casa della sua infanzia, riprodotta in miniatura sul palco ed esplorata con una webcam, ancora fresca di ricordi, oggetti e paure, da il via a uno spettacolo palpitante dove i protagonisti di fiabe e cartoni animati si mescolano a quelli di fiction televisive e film.
L’inizio è una carrellata adrenalinica di miti dell’immaginario collettivo, dalla Signora in giallo ai Ghostbusters, passando per la Famiglia Addams e Hulk, che in un attimo svaniscono e lasciano il dubbio di essere stati davvero visti.

L’aria rétro degli esordi teatrali di Brachetti, il fascino del vaudeville, il musical lasciano però qui il posto a una mastodontica impresa che ammicca alle grandi produzioni statunitensi, mentre l’aspetto artigianale della sua arte si mescola alla tecnologia più avanzata. Le due anime – quella carica di effetti speciali e quella minimale – si alternano e, ad esempio, il fantastico numero costruito sul “niente”, ovvero con il cappello del nonno, lascia poi spazio alla guerra laser o al videomapping. Ma il Peter Pan del mondo dello spettacolo non corre il rischio di perdere la sua delicatezza e ripropone il gioco molto amato delle ombre cinesi, la pantomima nostalgica della danza con l’abito di sua madre, la scena delle quattro stagioni – colorata e d’impatto.

Il filo conduttore della casa, intesa come universo dove si forma l’animo di un bambino, è interrotto sul finale, dove con la scusa di sbirciare nella borsa di una spettatrice, Brachetti incarna una irresistibile serie di popstar musicali, nuovamente lasciando il pubblico sbalordito e in preda a una certa frenesia. Completa l’opera la tecnica del disegno sulla sabbia, lieve “arrivederci” a una serata emozionante.

Unica nota fuori dal coro forse è la drammaturgia, frammentaria e poco unitaria, che trasforma Solo in un collage (sì sensazionale e inondato di luce) più che in un viaggio nel labirinto della memoria.
Ma il Teatro, con il quick change performer più veloce al mondo, si conferma come un luogo dell’avvenire, che potrà cambiare pelle e costume, ma non scomparire.
Cosa ci riserverà Brachetti con la sua prossima creazione? Forse un ritorno alle origini?