
Che Maurizio Lombardi fosse un talentuoso istrione non c’era bisogno di dimostrarlo ulteriormente per chi lo conosce e lo apprezza da anni per i suoi molti lavori teatrali, meno noto forse al grande pubblico, nell’ultimo anno la sua carriera ha però messo a segno importanti traguardi, tanto al cinema quanto in televisione. Fiorentino doc si destreggia senza esitazioni in un siciliano strettissimo eppure comprensibile, ha partecipato recentemente a molte serie tv come 1992 e The Young pope, a brevissimo lo vedremo infine nell’attesissima The comedians con Frank Matano e Claudio Bisio. Lo abbiamo con piacere ritrovato al Piccolo Eliseo di Roma dall’8 al 12 Novembre in Pugni di zolfo, una perlina da palcoscenico ospitata nel 2013 al Fringe di Edimburgo.
Un racconto semplice e commovente che fa della parola lo strumento principe per incantare il pubblico nella storia di Vincenzo Barrisi, pugile agrigentino cresciuto nella zolfara che rievoca la sua infanzia negata. La scena nuda ma evocativa è quella di un post match, per giunta perso, durante il quale il protagonista, togliendosi i guantoni della sconfitta, si spoglia pian piano anche di quei panni da adulto sopravvissuto per tornare bambino. La Sicilia bella e crudele, la nonna Vincenzina e le sue mani callose, gli occhi di una madre bellissima e i silenzi paterni, sullo sfondo quello zolfo acido e giallognolo che si impasta con la pelle e s’imparenta col sangue, perfino con quello di Vito, giovanissimo cugino dai polmoni malandati e dai sogni di pescatore. Non si può essere bambini alla zolfara, si inizia presto, prestissimo, troppo, a scavare nella terra melmosa, già proiettati al fondo a raschiare il prezioso oro di altri. Questo il destino dei carusi, vivere o morire per quei pochi picciuli sudatissimi in fondo all’inferno, laggiù in quel buco tetro dove brillano le cariche, incuranti dei corpi minuscoli incastrati sotto metri di fango.
La parola densa, emozionante, viva, trascina anche il pubblico in quel buio, sognando il mare o forse il cielo che è fatto di stelle e di alici salate; che bello ascoltare chi fa del buon teatro, si rimane inchiodati alla sedia e qualcosa si muove dentro l’anima. Una drammaturgia impeccabile, un attore dai molti talenti, da cercare in ogni teatro, soprattutto nei suoi divertentissimi adattamenti per l’infanzia, un tema evidentemente a lui caro. D’altro canto chi sa parlare ai bambini non può non stregare anche gli adulti, sussurrando tanto al fanciullino incastrato in una miniera quanto dietro una scrivania. Azzeccato anche il disegno luci e il sound effect, in un continuo gioco di luci e ombre che non smette di ammaliare. Ci rimane solo un cruccio: i pochi giorni in scena al Piccolo Eliseo che pure ha prodotto assieme a Zocotoco di Zingaretti questa meraviglia, speriamo allora di rivederlo presto altrove, anche in nuovi lavori, in questo famelico mondo teatrale troppo avido di pièce ben fatte come questa.