L’Obihall apre le porte a “Dignità Autonome di Prostituzione”, la casa chiusa dell’arte

In scena uno spettacolo assolutamente innovativo dove non si corre il rischio di annoiarsi

In un mondo ed in un tempo in cui tutto ha ormai perso il reale valore ed in cui le cose e le persone valgono più per l’apparenza che non per il contenuto, è quasi ovvio e scontato che l’arte e la cultura siano relegate in un ruolo men che secondario; mai come in questo momento storico gli attori, sfruttati e sottopagati, senza alcuna difesa o supporto, alla mercé delle “intemperie” politiche, rischiano di finire per strada; ecco allora che decidono di mettersi in vendita , come carne su un bancone del macellaio, ma con profonda ed altissima dignità, in una casa chiusa dove almeno sono protetti e tutelati.

E’ questa l’intenzione primaria dello spettacolo “Dignità Autonome di Prostituzione”, tratto dal format di due geni teatrali quali Betta Cianchini e Luciano Melchionna e giunto ormai al suo nono anno di vita (con 54 edizioni, circa 400 repliche ed oltre 374.000 spettatori , in tour nei maggiori teatri italiani e all’estero sempre con un successo crescente) che è stato ospitato, dal 13 al 15 gennaio, in esclusiva per la Toscana, presso il teatro Obihall di Firenze.

Il titolo è, ovviamente, una provocazione che ben definisce il legame tra i due mestieri più vecchi al mondo e che, in un certo senso, hanno un forte nesso tra loro perché, come l’attore, anche chi pratica la prostituzione recita una parte fingendo sentimenti per divertire ed intrattenere chi lo ha pagato.

Pertanto gli attori in vestaglia e giacca da camera adescano, con la mediazione delle maitresse, gli spettatori/avventori per fargli acquistare la loro “pillola” di piacere sì, ma teatrale, che può consistere in varie tipologie di performance, della durata di circa 15 minuti, ispirate sia ai classici che a testi contemporanei (da Pirandello a Pasolini, da Shakespeare ad Hugo ed altri ancora); i clienti pagano con i “dollarini” distribuiti loro all’ingresso e solo a quel punto potranno appartarsi con la prostituta prescelta ed assistere all’ esibizione negli ambienti più disparati del teatro (foyer, bagni, camerini, ridotto, magazzino ) che, nel frattempo, si sono trasformati in un “bordello” dell’arte.

Così, tra monologhi e momenti corali coinvolgenti e spassosi, si assiste ad un puro godimento teatrale che cerca di restituire dignità all’arte della recitazione ( ma anche del ballo, del canto e della scrittura, ultimamente troppo sottomesse alle regole del mercato), ma soprattutto al lavoro dell’attore, avvicinandolo al mestiere più antico in modo del tutto nuovo e provocatorio.

Lo spettatore, dopo un iniziale sorprendente (nel senso che genera sorpresa ) smarrimento ed una sorta di choc emotivo, si nutre appieno della bravura degli attori ed è esso stesso attore, di un gioco unico in cerca di racconti che facciano emozionare, ridere, piangere, riflettere: non si tratta, perciò, di uno spettacolo qualunque bensì di un’ esperienza teatrale, nel senso proprio del termine, cioè di una ricerca vissuta. Si può facilmente dedurre che il godimento artistico non si esaurisce in una sola serata, perché  sono davvero tanti gli artisti e quindi si è invogliati a tornare più volte per “provare le specialità della casa”, trascinati dall’entusiasmo per un qualcosa ogni volta diverso, perché a renderlo unico e straordinario sono soprattutto l’interazione e l’alchimia tra attori nei panni di prostitute dai fantasiosi nomi di battaglia (La massaggiatrice, La nave scuola, La povera pazza, La nuda gratuità, I panni sporchi, Il militar gay e così via) e gli spettatori in quelli di clienti liberi di aggirarsi per la sala, di lasciarsi adescare e di contrattare le pillole di piacere teatrale. Nasce così uno spettacolo che unisce circo, musica e performance e che prende vita e forma su di un palco centrale tra le poltrone e in una molteplicità di altri spazi all’interno e fuori del teatro, per sottolineare la necessità dell’attore di “prostituirsi” per vendere la propria arte.

In scena una trentina di attori, oltre ai veterani (tra cui Giulia Maulucci, Paola Sambo, Heidi Di Bitonto, Momo, Sandro Stefanini, Emanuela Gabrieli, Adriano Falivene) si sono aggiunti anche sette talenti del posto (noti e non al pubblico fiorentino). Da segnalare tra tutti, quelli di cui si è potuto seguire la “prestazione”: Emanuele Gabrieli (Il Colla) nel suo monologo con bravura affronta le difficoltà dei rapporti umani, ribadendo il concetto di solitudine ed incomunicabilità dell’uomo contemporaneo; di lacerante intensità pure H.E.R. (La Donna del fiume) che tratta il tema, di pirandelliana memoria, della ricerca di una verità univoca ed impossibile; infine Gianluca Merolli (Lia), un mattatore, riempie la scena con l’esecuzione del brano iniziale (“Exit music” dei Radiohead) e finale (“Maruzzella”) dello spettacolo e con la recitazione di un monologo tratto dall’Amleto, ancora una volta grandioso interprete di quello che può definirsi il teatro degli occhi, di quei momenti cioè in cui quelli dell’attore incontrano quelli di chi lo guarda e lo ascolta ad una distanza così ravvicinata che lo spettatore può posarsi su ogni piega del viso (e forse dell’anima) di chi mette in scena il suo racconto.

Questo spettacolo è una magnifica immersione nei sentimenti, un viaggio sensazionale che vale davvero la pena di fare, anche più volte nella vita.