Voglio cominciare questa recensione scrivendo che a causa di Claudio Morici ho speso un pomeriggio intero a erudirmi sull’antichissima arte dell’Ohaguro. Trattasi di una pratica di bellezza dell’Antico Oriente, la quale consiste sostanzialmente nell’annerirsi i denti con dell’inchiostro nero. Il nero è notoriamente associato al potere e pare che lo sfoggiare queste dentature corvine rappresentasse in certe culture un simbolo di ricchezza e nobiltà. Ma che c’entra l’ohaguro con Claudio Morici? C’entra nella misura in cui nel suo irresistibile monologo La malattia dell’ostrica, andato in scena al Teatro Biblioteca Quarticciolo dal 10 all’11 gennaio 2025, mi ha reso noto il personaggio di Murasaki Shikibu.
Poetessa e scrittrice giapponese autrice del romanzo Genji Monogatari, fra il 1000 e 1012 (fonte la dolce-odiata Wikipedia) dove racconta la sua vita di dama di corte per l’Imperatrice Shōshi. Sembra un mondo lontanissimo e con cui noialtri non avremmo nulla a che spartire… Ah beata ignoranza! Ma invece a leggerlo il Genji Monogatari si scopre l’animo inquieto di un essere umano con cui a distanza di mila mila anni riusciamo ancora a restare profondamente in contatto, quand’anche a riconoscerci fra quelle pagine. Molte pagine. Un mattone, un po’ come le opere di David Foster Wallace, altro autore di scritti dai volumi zanichelliani.
E che succede se a un certo punto Morici immagina perfino un surreale appuntamento fra i due? La poetessa giapponese dagli incisivi di tenebra e il professore con la bandana fissato col tennis? È solo uno dei molteplici tasselli che costituiscono La malattia dell’ostrica, straordinario monologo in cui ci accompagna alla scoperta delle più disastrate biografie di autori e autrici che hanno fatto la storia della letteratura.

Il fil rouge è sostanzialmente la pazzia, l’alcolismo, la dipendenza da farmaci o droghe, le violenze domestiche ecc. ecc., “cosucce” che quasi sempre hanno caratterizzato le vite di grandi penne. Morici le attraversa, le studia, le sminuzza, ci mette in mezzo la sua vita di padre con un figlio adolescente e conquista tutti. Pavese che si fa di barbi turici, Alda Merini che entra ed esce dall’ospedale psichiatrico, Salgari che s’ammazza con una specie di katana su una collina, Pascoli con la cirrosi epatica. Ma pure fuori stivale Virginia Woolfe, Emily Dickinson, Salinger, Micheal Ende e tanti, tantissimi altri.
Tutti accumunati da vite diciamo non proprio da Mulino Bianco. Gli scrittori infatti sono quasi sempre sopravvissuti di esistenze devastate e quando non sopravvivono, cedono al suicidio 9 su 10. Eppure leggiamo i loro libri, li amiamo per essere riusciti ad esprimere concetti che ai più restano a galleggiare nell’anima senza un nome, ma soprattutto li facciamo studiare a scuola ai nostri figli. Ecco la vera architrave dello spettacolo di Morici: impedire al suo di figlio di diventare scrittore. Con queste statistiche non si sa mai. Ne nasce un viaggio comico incredibile, pieno però anche di tutto l’amore salvifico che in realtà possono concedere tanto la scrittura che la lettura.
Sì Perchè in fondo la famosa malattia dell’ostrica che dà il titolo allo spettacolo, è inseparabile dalla creazione della perla. Anzi la perla stessa esiste perché esiste la malattia. Eppure non è così per tutti, metti Calvino, uno a cui, dice Morici, non è capitata mezza disgrazia nella vita e che in effetti, dico io, ha scritto roba niente male. Insomma c’è sempre qualche eccezione, o forse qualche scrittore è sopravvalutato. Rimaniamo nel dubbio.
Lo spettacolo è un dono prezioso per chi ama leggere e anche per scoprire il background socio-culturale di molti autori di cui magari conosciamo solo le opere immortali. Loro, perché invece gli autori fanno ‘na finaccia. La malattia dell’ostrica è un excursus letterario-comico-poetico incredibile, di grande intelligenza e forza scenica. Morici che avevo qui recensito moltissimi anni fe per Lui&Leia (altro pezzone) è un performer eccezionale che riesce sempre a tenere banco, catturando il pubblico con le armi di un consumato affabulatore. Semplicemente bravissimo. Se vi siete persi lo spettacolo potete recuperate con il libro omonimo della Fandango o i podcast. Se non conoscete nè gli spettacoli nè i libri di Morici, cercateli fra gli scaffali e i cartelloni, mi ringrazierete.