
Un salotto color indaco e un tavolo con tartine e dolcini per chi volesse gradire un qualcosa nei momenti di attesa o di desiderio, di gusto. Siamo nell’appartamento a Londra di Algernon Moncrieff giovane aristocratico, ed ecco l’amico sopraggiungere. Ernest, il cui vero nome è Jack, vive in campagna ed è il tutore della giovane Miss Cecily verso la quale evidentemente si mostra moralmente impeccabile, benché la sua sia una vita di piaceri e tra una chiacchiera, racconti di vicissitudini, attendono l’arrivo della zia di Algy, amichevolmente detto. Ed Ernest siede e fuma il narghilè pronto attendere l’arrivo della citata signora e di Miss Gwendolen, la figlia verso la quale nutre desiderio di matrimonio.
Racconti, discussioni, ma anche Algernon ha una doppia vita, vista la frequentazione del fantomatico amico invalido Bunbury come escamotage ad uno stile più informale per sgattaiolare appena possibile ai doveri salottieri. Entra Lady Augusta accompagnata dalla figlia, o Gwendolen, la cui aspirazione da sempre è sposare un uomo il cui nome fosse appunto Ernest ed il gioco è fatto. Rimasti soli la comunione di intenti di Jack e Gwendolen è palese donde l’importanza di chiamarsi Ernesto. Tutto sembra ok ma come passare i test attitudinali di Zia Augusta. Impareggiabile costei interpretata da Lucia Poli da sempre emblema di eleganza e altissima caratura attoriale, pone al nostro Ernest tante domande: che lavoro faccia, che fede professi, che ideologie politiche abbia, che investimenti prediliga.
Tutto incontra similitudine di scelte con la nobildonna, ma se Ernest ha scelto di chiamarsi così per celare dietro un nome di immagine, il suo ménage da scapestrato ed attribuire il suo proprio nome ad un immaginario fratello abbastanza libero, d’altronde vive in campagna, è perché non ha padre né madre. Oddio un trovatello, questo genera il no dell’aristocratica Lady alla mano di Gwendolen. No non può essere sua sposa chiude il primo atto.
Alla riapertura del sipario siamo in casa della giovane Cecily attenta allo studio che poco le aggrada nonostante l’attenta supervisione della educatruce e insegnante Miss Prism, la bravissima vivace e duttile Gloria Sapio. Siamo in giardino per la precisione e se alla giovane spetta in eredità dal nonno un’ingente somma, circa 100.000 sterline l’anno ecco il desiderio di Algernon di sposare Cecily.
E qui il suo sopraggiungere inatteso nelle vesti di Jack il fratello di Ernest crea una girandola di equivoci ed episodi dai quali si scoprirà che Ernest è stato ritrovato appena nato in una borsa, lasciata al deposito bagagli della stazione, rinvenuta ai suoi tempi dalla educatrice cui per nulla era sfuggito l’abbandono della stessa da una signora molto aristocratica che, sorpresa delle sorprese, fa lo spettacolo, coadiuvata per bocca, gesti e carattere vivido e brillante, in una acrobazia mimica ed attoriale dal nostro Algy ovvero il bravissimo Riccardo Feola.
Ottima regia di Geppy Gleijeses per quella da molti giudicata come ‘la commedia perfetta’ di Oscar Wilde, sempre attento a combattere le apparenze, le convenzioni, dissacrando identità, conformismo, facendo spazio al desiderio di essere accettati comunque e senza tempo. Tutti bravi ma la commistione classe di Lucia Poli e istrionica presenza scenica di Riccardo Feola fanno di un testo molto datato un’avvincente serata di svago e intrinseca riflessione.