Home Teatro Processo a Matteotti: luce su nero, un pezzo d’artista firmato Blasioli

Processo a Matteotti: luce su nero, un pezzo d’artista firmato Blasioli

Il regista, drammaturgo e interprete abruzzese regala al pubblico di Palazzo Merulana un raffinato ritratto storico-teatrale

Alessandro Blasioli in "Processo a Matteotti" in scena per la rassegna In tutti i sensi a Palazzo Merulana il 17 ottobre 2025 (ph Manuela Giusto)

Raccontare un processo a teatro è impresa a dir poco audace. La maggior parte delle pièce che vogliano farlo in maniera “seria”, poi si trasformano puntualmente in noiose cattedrali di arringhe, tempeste di fraseologia giuridica e talvolta, nei casi peggiori, scenari per grotteschi azzeccagarbugli che scimmiottano la figura dell’avvocato. Corrottissimo o incompreso eroe senza macchia, a seconda dei casi. Ci sono per nostra santa fortuna delle eccezioni e una di queste è Processo a Matteotti di e con Alessandro Blasioli.

Lo spettacolo è andato in scena nell’insolita cornice di Palazzo Merulana il 17 ottobre, in seno alla rassegna teatrale In tutti i sensi. Dopo il pienone registrato nella scorsa stagione, l’iniziativa torna anche quest’anno dal 10 ottobre al 19 dicembre 2025, sotto la direzione artistica di Eleonora Di Fortunato, per ospitare spettacoli teatrali, concerti, film e talk gratuiti. Un cartellone ricco e di qualità nella sede dell’ex Ufficio di Igiene di Roma, recuperato nel 2018 dalla Fondazione Cerasi, che ha restaurato e riaperto l’edificio al pubblico come spazio museale e culturale. 

Chi scrive ha incontrato il talento di Blasioli ormai diversi anni addietro, in occasione di un contest teatrale in cui le toccava l’ingrato compito di giurata popolare. Blasioli era in gara con un monologo che considero ancora fra i più belli a cui abbia avuto il piacere di assistere: Sciaboletta. Allora fu ingiustamente escluso dal podio dalla giuria degli addetti ai lavori, forse improvvisamente colti da troppa bellezza. Ritrovarlo con un nuovo spettacolo teatrale è stata una felice esperienza d’autunno, sulla quale consumo qui una pretenziosissima resa di giustizia. Tanto per rimanere in tema.

Processo a Matteotti racconta la triste parabola (discendente) di uno dei processi più infami della storia. Chieti, città della camomilla, 27 marzo 1926, Mussolini convoca il dibattimento “burla” contro gli assassini del deputato socialista Giacomo Matteotti, fiero oppositore del regime. Alla sbarra Amerigo Dumini, “sicario del duce”, difeso nientemeno che dal gerarca Farinacci, altri imputati Giuseppe Viola, Augusto Malacria, Albino Volpi e Amleto Poveromo, esecutori materiali di quel delitto voluto prprio dal dittatore dalla posa a stampella. Dumini, Poveromo e Volpi sarano condannati a 5 anni, 11 mesi e 20 giorni per omicidio preterintenzionale, con esclusione della premeditazione.

Palazzo Merualana
Palazzo Merualana dal 10 ottobre al 19 dicembre 2025 ospita la rassegna In tutti i sensi con spettacoli teatrali, concerti, film e talk gratuiti.

Nel ’44 il processo verrà riaperto. A vent’anni esatti dal delitto di Matteotti, Mussolini viene riconosciuto come mandante, nel frattempo Malacria è già morto, Dumini, Viola e Poveromo sono condannati all’ergastolo, pena poi commutata in trent’anni di reclusione. Poveromo muore dietro le sbarre a Parma nel 1952. Dumini, membro fra gli altri della Čeka del Viminale, violenta polizia segreta alle dirette dipendenze del PNF, muore invece da uomo libero a 73 anni, amnistiato nientemeno che da Togliatti prima e dallo scudocrociato governo Pella poi. Corsi e ricorsi della “storia” con la esse minuscola.

Blasioli ricostruisce con attenzione certosina il processo, senza scadere nella banalità della farsa, né annegando gli spettatori in flussi di coscienza “profondissimi”. Il “suo” processo a Matteotti è una carrellata di personaggi concreti e teatrali al tempo stesso, che cuciono insieme un tessuto drammaturgico perfettamente aderente ai fatti.

C’è dell’interpretazione ovvio, fra l’altro straordinaria parlando in termini di scrittura, regia e azione scenica, ma è materia viva su cui innestare una performance intensa e perfetta. Uno nessuno centomila Blasioli ci chiamano a partecipare in modo concreto alla storia di una morte che ha segnato il Paese e che oggi ci invita a strapparci dal torpore mediatico e a riflettere sull’eredità di quel sangue versato. Questo fa il vero teatro civile. La regia millimetrica, a incastro perfetto, costruisce un’architettura scenica precisa ed efficace che mira dritta al focus del racconto. Blasioli si consuma letteralmente sulla scena, per offrirsi in toto al pubblico che lo guarda e lo ascolta rapito, la scrittura è limpida, veloce come un treno che sogna altri ministri ai trasporti, intensa, performante e perdurante.

Non a caso Blasioli, fra i tanti personaggi interpretati, restituisce con orgoglio e sincerità anche la figura di Pasquale Galliano Magno, che nel processo prese le parti di Velia Titta, vedova Matteotti. Una donna vergognosamente offesa dalla “giustizia”, che mi ha ricordato Maddalena Zanoni Canali, l’eroica madre del capitano Neri, partigiano ucciso dai suoi stessi “compagni”, che affidò alla fragile iniziativa di Togliatti la speranza di una condanna per gli impuniti (e pure loro amnistiati) killer del figlio.

Pasquale l’onesto avvocato di Orsogna condivide d’altro canto con Blasioli, oltre che i natali chietini, anche quello spirito di autenticità di cui è rimasta così povera l’Italia dei palchi teatrali. E non solo quelli. Processo a Matteotti è, come Sciaboletta, una perla, una di quelle che dovrebbe brillare in plurime stagioni teatrali, sempre e ancora. E invece no. Troppa bellezza, mi ripeto, minacciosamente brillante, luce sul nero che ahinoi ancora ci insegue e in parte ci offusca la vista. E allora chioso con l’ambiguità di una duplice interpretazione del “buon” D’annunzio (il Vate mi perdoni il mashup): “La bellezza, mai innocente, è una ferita che non guarisce mai”…  

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