Tra le mura antiche di Porta Nuova, nel cuore di Colle di Val d’Elsa, dove la pietra si fa racconto e il paesaggio toscano è custode di saperi secolari, nasce un’esperienza gastronomica che intreccia la cucina del territorio con visioni contemporanee. È il Barbagianni, ristorante che prende il nome da un animale notturno, simbolo di saggezza e osservazione silenziosa, e che si nutre della terra che lo ospita, restituendole una cucina colta, essenziale, profondamente radicata ma pronta al volo.

La proposta gastronomica porta la firma di Alessandro Rossi, chef 1 Stella Michelin del Gabbiano 3.0 a Marina di Grosseto, ed è guidata con brillantezza quotidiana dal resident chef Lorenzo Neri, toscano di nascita e formazione, viaggiatore per vocazione. Le sue esperienze fra Francia, Giappone, Scandinavia e l’Italia più profonda emergono in una proposta gastronomica che ha nel menu Radici e Visione i due poli magnetici: da un lato la tradizione riletta con rispetto, dall’altro una spinta alla sperimentazione che non perde mai il senso del luogo.

Il racconto inizia con il Biodinamic Garden di Portanova, il cuore pulsante del Barbagianni. Affacciato sulle mura medievali, coltivato con cura e rispetto, è lì che crescono levistico, verbena, acetosa, shiso, agastache, tagete, erba cipollina, limoni pane e molte altre essenze che definiscono la firma aromatica dello chef. Più che un contorno, le erbe sono protagoniste: accompagnano, aromatizzano, definiscono la struttura dei piatti. Ma c’è di più: alcune vasche, installate appositamente sul bastione, permettono la coltivazione di salicornia e finocchio marino, creando un piccolo ecosistema costiero a 250 metri sul livello del mare.
A curarlo è Simone Moschini, orticoltore visionario, creatore del progetto agricolo Il Cavolo a Merenda, che porta avanti un’idea di orto-foresta ispirata ai principi della permacultura e della biodiversità. Moschini lavora solo a mano, senza diserbanti né meccanizzazione: quello che cresce qui non è solo buono, è profondamente vivo, in dialogo con le stagioni e con la cucina.

La sostenibilità al Barbagianni è una pratica quotidiana. L’orto fornisce i vegetali, gli amici produttori locali carne, formaggi e pesci del Tirreno. Il vino, toscano o biodinamico, racconta il territorio, con punte fuori dai confini.
Gli interni del Barbagianni sono eleganti e misurati, con pareti in pietra, luci calde e un arredamento essenziale che restituisce un senso di intimità mai forzata. La mise en place è raffinata e discreta, impreziosita dai segnaposto in vetro soffiato a forma di barbagianni, realizzati dalla storica vetreria Collevilca, simbolo della grande tradizione artigiana di Colle di Val d’Elsa, capitale italiana del cristallo, con una produzione che copre il 95% di quella nazionale. Il cristallo è ovunque: nei bicchieri, nei dettagli, in quell’aria sospesa tra passato e futuro che definisce il tono del luogo.

L’esperienza gastronomica comincia con un calice di Spumante Brut “Collezione 90 anni” Famiglia Guidi, e una sequenza divertente di amuse-bouche: cialda allo zafferano di San Gimignano e riso con salsa gremolada scomposta; polpo con suo tentacolo e salsa livorese con pomodoro concentrato dell’orto; lecca-lecca di pecorino toscano, farina di mais e pepe nero; un sorprendente crème caramel di fegatino di pollo che reinventa un classico povero in chiave gourmand.

Ma è con il piatto “L’Orto sulle Mura” che la filosofia del ristorante prende corpo: un insieme di foglie, fiori, germogli, limone pane e frutti, accompagnati da un estratto verde, olio di Nonno Mimmo, bieta e prezzemolo, burro salato all’issopo e pane al finocchietto. Un piatto che è botanica applicata alla cucina, affiancato dal Vermentino biodinamico Colline Albelle Inbianco 2021 che ne amplifica le note erbacee e acidule.

Il “Ricciola, levistico, bottarga e sambuco” è un gioco di consistenze e marine eleganze: la ricciola, marinata a lungo, ha una delicatezza che contrasta con la forza della maionese alla bottarga, mentre il gel di sambuco regala un finale floreale e balsamico.

Il cuore pulsante della cucina di Neri è però nel piatto-manifesto: “Gnocchi di rapa rossa, anguilla, cavolo rapa fermentato”. Qui lo gnocco italiano incontra l’anguilla nipponica (cotta con tecnica giapponese e laccata con soia), il cavolo fermentato scandinavo, e una salsa beurre blanc alleggerita con kefir autoprodotto al posto del vino. Un piatto che è il manifesto di una nuova cucina toscana aperta al mondo. L’abbinamento con Unnè, Vermentino Maremma Toscana 2018 di Poggio Levante, ne esalta il lato aromatico e minerale: un bianco profondo e strutturato, con sentori di pietra focaia e una persistenza che richiama il dialogo tra monte Amiata e mare.

A seguire, il piatto “Asparago, royale, agretti, tuorlo” accosta consistenze morbide e vegetali primaverili: punte di asparago e agretti appena scottati, tuorlo confit, una salsa royale a base di panna e formaggio aromatizzata con issopo e nasturzio, e foglie fresche di nasturzio a chiudere con una nota erbacea e pungente. L’abbinamento è con Lazarus 2023, Chardonnay in purezza delle terrazze dell’Elba firmato Stefano Farcas, frutto di una raccolta manuale in vigna: ricco, solare, con profumi di albicocca e ginestra, lunga persistenza e struttura che accompagna e avvolge il piatto.

Con l’arrivo del controfiletto di capriolo con spugnole e fragoline di bosco, il selvatico esplode in tavola. Cottura perfetta, salsa alla fragolina intensa e aromatica, e le spugnole a evocare l’habitat naturale dell’animale. L’abbinamento con il rosso armeno Zorah 2020, affinato in anfora a 1400 metri, è una dichiarazione di libertà e apertura.

Il pre-dessert a base di sedano (in varie consistenze: gambo candito, foglie per olio e granita) e kefir, seguito da una kombucha al Tè nero e verbena, prepara il palato a un finale fuori dagli schemi: il dolce “Acetosa, rabarbaro e cioccolato bianco” gioca sull’acidità vegetale, con mousse di acetosa, rabarbaro in osmosi, gambi freschi di rabarbaro e acetosa marinati, cioccolato bianco sia in salsa che croccante e gelato al mascarpone. Poco zucchero, molta freschezza: un dessert che guarda al futuro.
Chiudono la scena una piccola pasticceria curata e simbolica: rivisitazione del pane vino e zucchero (che ricorda la buona merenda di un tempo), tartufino panforte, tartelletta con canditi all’arancia e spuma al caffè e sambuca (ricorda il caffè corretto), come ammazzacaffè gelatina al nocino delle suore di clausura di Guardistallo.

Con il Barbagianni, Colle di Val d’Elsa si ritrova al centro di una Toscana gastronomica che ha smesso di inseguire il folklore e si interroga invece su come raccontare sé stessa nel linguaggio del mondo.
Lorenzo Neri è uno dei nomi da segnare: la sua cucina è profonda, vivace, identitaria, parla toscano, ma con l’accento di chi ha visto il mondo, e ha scelto di tornare. Accanto a lui, il tocco preciso e consapevole di Alessandro Rossi e la terra generosa coltivata da Simone Moschini fanno del Barbagianni un progetto completo: gastronomico, agricolo, artigianale. Per una Toscana viva e visionaria.