
Il Gabbiano, scritto nel 1895 e rappresentato per la prima volta a Pietroburgo l’anno seguente, è considerato uno dei capolavori di Čechov. È forse il suo testo più rappresentato e più amato dal pubblico, soprattutto per l’importanza dei temi e per la profonda analisi della condizione umana. In primo piano troviamo i conflitti generazionali tra genitori e figli, ma anche tra artisti più o meno affermati. Non mancano nell’opera riferimenti e riflessioni sull’arte, sulla scrittura e sull’amore. Proprio questo sentimento caratterizza le speranze di due giovani artisti come Nina e Kostja, e le amarezze degli artisti più affermati come l’Arkadina e Trigorin: sono storie intrise di rivalità e gelosie che emozionano il pubblico anche oggi. Il fulcro della poetica di Čechov è il flusso del tempo, attraverso il quale si esprime l’essenza della realtà. Nel mondo cecoviano la protagonista è la quotidianità, con lo scorrere del tempo, tra noia e ridondanza delle cose.
Già dall’apertura del sipario, con il maestro Medvedenko (Edoardo Sorgente) che canta a squarciagola una canzone d’amore, capiamo che lo spettacolo avrà degli elementi di contemporaneità. Come nell’opera russa, tutti i personaggi sono infelici. Kostja (Giovanni Drago), affascinato dalla madre, l’attrice Irina Arkadina (Giuliana De Sio) e innamorato di Nina (Virginia Campolucci), ma con un forte risentimento nei confronti del compagno della madre, lo scrittore Trigorin (Filippo Dini). Nella commedia sono presenti vari livelli di amore: la gelosia di Polina (Angelica Leo), l’amore non corrisposto di Maša (Enrica Cortese) per Kostja, Medvedenko innamorato di Maša. Gli innamorati continuano a rincorrersi: Nina si invaghisce di Trigorin, l’Arkadina è legata a Trigorin, Maša insegue Kostja.
Molto interessante ed espressiva la scenografia con lo sfondo del lago riflesso nelle pareti laterali attraverso uno specchio, simbolo di un contenitore che chiude i personaggi, prigionieri del proprio destino. Alcuni attori cantano delle canzoni evocative in vari momenti, come Skyfall di Adele e I still haven’t found what i’m looking for degli U2, creando l’atmosfera di un musical contemporaneo, ma spesso eccessive e prolisse.
Filippo Dini ha scelto di affrontare Il Gabbiano eliminando la malinconia di Cechov e aggiungendo dei momenti di comicità, in fondo come lui stesso scrive, Il Gabbiano “è una testimonianza dell’assurdità del destino umano”. Dini si sofferma soprattutto sulla nevrosi dei personaggi, Kostja in primis, che esterna con estrema passione il suo stato d’animo, come anche Medvedenko e la giovane Maša. Anche Trigorin non è esente da nevrosi, ama sé stesso, la scrittura, che sembra più che altro una forma di gabbia, e la pesca. Dini lo ritrae come un uomo mediocre e balbuziente, un tratto che a volte risulta eccessivo. Giuliana De Sio, sempre magistrale, interpreta un personaggio, l’Arkadina, che si addice molto alla sua bravura, superba ed egoista, eccessivamente legata a Trigorin.
Lo spettacolo può intendersi anche come compendio di quattro vocazioni diverse, poiché annoda i destini dei quattro artisti: Kostja, Trigorin, Arkadina, Nina. Il Gabbiano vuole essere soprattutto un dialogo sull’arte scenica e sulla strategia dello scrivere.















