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L’altro Giacomo: il Puccini uomo di Renato Raimo

Il pubblico ricorda le arie pucciniane con il racconto di una vita tormentosa

A Rapolano nel Teatro del Popolo è andato in scena sabato 18 febbraio lo spettacolo “L’altro Giacomo” regia e sceneggiatura di Renato Raimo e co-sceneggiatura di Kris B. Writer.

In un piccolo paesino delle Crete Senesi, il teatro dell’Associazione Filarmonico Drammatica è davvero un gioiellino. “L’altro Giacomo” è uno spettacolo che per gli amanti della lirica – e non solo – non può rimanere senza un recensore. Con una scenografia fatta di cinque abiti d’epoca, delle corde su cui si appendono un giaccone e un gilet, uno scrittorio e un pianoforte: lo sceneggiatore e registra si muove padrone del tempo, in monologhi narrativi più o meno briosi che raccontano la vita di Giacomo Puccini, ovvero sé stesso.

Ai racconti si alternano l’entrata in scena del tenore Vladimir Reutov, e del soprano Rachel Jane Strellacci, che riprendono delle arie pucciniane. Di tanto in tanto si intervallano i dialoghi tra Elvira (interpretata da Chiara Maria Battaglia), -compagna e poi moglie del compositore,- e il genio lucchese che a volte la ama, molte la detesta, altre cerca di raggirarla per via della sua rinomata e pericolosa gelosia, tra l’altro fondata, dal momento che Puccini viveva molta della sua vita affettiva ed erotica al di fuori della coppia. È quindi una biografia sulla vera vita di Puccini eppure le arie e i maggiori personaggi del suo estro vengono presentati quasi come proiezioni di sogni, di illusioni. Mentre Puccini si adagia alla poltrona, Madama Butterfly come prodotta dalla sua mente, materializzata, gira tra il pubblico.

Nessuna pausa, quindi, nessuna pesantezza e nessun ostinato gioco di luci, nessuna ricercata avanguardia scenica, semplicemente una sceneggiatura letteraria che rende lo spettacolo veloce e intenso dai toni mai drammatici. Molto è stato già fatto su Puccini e numerosi sono gli sceneggiati a lui dedicati con la televisione, anche. Come è ovvio per il 2024 col centenario della sua morte, non possiamo dimenticare gli omaggi televisivi come il Puccini del 1953 diretto da Carmine Gallone con Gabriele Ferzetti e lo sceneggiato Rai diretto da Sandro Bolchi con Alberto Lionello, e ancora la mini serie del 2009 diretta da Giorgio Capitani con Alessio Boni. Ma tornando al teatro, la delicatezza introspettiva delle donne pucciniane così come il senso dell’umanità fanno della melodia di Puccini una impronta nuovissima al fianco di quella di Verdi e Wagner.

Il regista al momento dei ringraziamenti ha detto che probabilmente porteranno lo spettacolo all’estero. Non so che impatto potrebbe avere su un pubblico non italiano. Di certo siamo ben lontani dagli spettacoli legati all’avanguardia, alla sperimentazione, a una buona dose di improvvisazione tipo Fringe. Puccini lascia una impronta storica a una narrazione conosciuta, lenta, ma mai scontata. Che fa insomma parte di una identità tutta italiana. Chi non conosce all’estero “e lucean le stelle” o “vissi d’arte, vissi d’amore” della Tosca, così come “un bel di vedremo” di Madama Butterfly? “Nessun dorma” della Turandot? L’attualità di questo tipo di teatro biografico ha un potenziale sconvolgente: è capace di traslare poeticamente l’individualità di un carisma per incarnarne le crisi, le follie, le beffe e il potere di tutti.

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