[rating=3] Carlo Cecchi torna sulla produzione shakespeariana. E lo fa spogliando la scena di qualsiasi pretesa realistica: gli attori si muovono in uno spazio nudo, spesso neanche troppo illuminato, con una funzionale pedana girevole e pochi elementi scenografici che inquadrano di volta in volta i cambi scena.
“La dodicesima notte”, commedia esemplare degli equivoci, si colora di malinconia, anche grazie alle musiche di scena firmate da Nicola Piovani. I musicisti, con tastiere, flauti, chitarra e percussioni, sono ai lati della scena, e i loro interventi non rappresentano semplicemente un accompagnamento, ma diventano parte integrante dell’azione.
La commedia vede protagonista la giovane Viola: a seguito di un naufragio crede che il fratello gemello sia morto e, vestendo i suoi panni, si presenta alla corte del Duca d’Illiria, Orsino, per poterlo servire. Il Duca è innamorato della Contessa Olivia, in lutto per la morte del fratello e decisa a non cedere alle insistenti proposte di Orsino; ma quando Cesario – questo il nome scelto da Viola per il suo travestimento – arriva a corte per portarle un nuovo messaggio del suo padrone, Olivia rimane affascinata dal suo giovane e bell’aspetto. La donna inizia con sfrontatezza a corteggiare Cesario, che si mostra ostile non potendo dichiarare la sua vera identità, tantomeno a Orsino, di cui Viola è innamorata.
La vicenda principale, che dopo intrighi e scambi d’identità giungerà al lieto fine, si alterna all’immancabile sottotrama shakespeariana, quella che vede protagonisti i personaggi comici della commedia. Lo zio sempre ubriaco della Contessa, Sir Toby, un buffo pretendente di Olivia, Sir Andrew, la cameriera Maria e il servitore Fabian, con l’aiuto del buffone di corte, Feste, tramano per mettere in ridicolo l’austero maggiordomo Malvolio (Carlo Cecchi) che sogna di sposare Olivia e diventare Conte.
Il testo e l’impostazione registica offrono un secondo atto certamente più energico e brillante del primo, con un buon cast in cui spiccano soprattutto gli elementi femminili.
Olivia è audace nel dichiarare apertamente il suo desiderio carnale, e Barbara Ronchi le dà un tocco di ironia che la rende ancor più affascinante. Eugenia Costantini, Viola, si muove con disinvoltura e naturalezza nel linguaggio shakespeariano, così come nei panni maschili, con precisa attenzione al portamento.
Sir Andrew risulta l’elemento più comico: Loris Fabiani compone una vera e propria partitura dei movimenti rendendo il suo personaggio una divertente caricatura.
Feste è sicuramente uno dei ruoli più interessanti della commedia, che forse avrebbe meritato più cura nell’espressione delle molteplici sfumature: forse troppo giovane, seppur bravo, Dario Iubatti, chiamato a incarnare la stanchezza di un vecchio buffone, che nei suoi canti intona la malinconia celata dietro la follia, quel tepore nostalgico che percorre tutta la commedia.