Home Teatro Valentina Sperlì, donna unica e sola in scena

Valentina Sperlì, donna unica e sola in scena

[rating=4] Tratto da un racconto di Carlo D’Amicis (autore del mitico programma radiofonico Fahrenheit), Maledetto nei secoli l’amore deve il suo fascino alla capacità interpretativa dell’attrice Valentina Sperlì; ai movimenti, i percorsi, le scanalature delle sue parole. Disarmata, si offre a un pubblico raccolto (circa una ventina di spettatori), in una piccola sala del Teatro Bolognini, per un confronto diretto e gestito non senza pericolo. Difficile non farsi ammaliare dal personaggio, la sensitiva Lady Mora, “donna unica e sola”, così autoironica – con un’inflessione del Sud nell’accento, una femminilità nervosa e sottile, una pietra facile da scalfire.

Il suo è un monologo sincero, gestito molto bene nelle pause, nelle tonalità alte, quelle basse, nella rosa dei sentimenti incerti e fuori luogo che animano gli esseri umani. Emerge il ritratto non spensierato di una vita, ma fortunatamente non pietoso, né patetico. Rischioso districarsi tra gli umori di una storia di abbandono, solitudine, incomprensione, ma Valentina Sperlì riesce, magicamente, a volare leggera. Si sorride, quindi, si riesce a vedere tutto, dalla chiazza di mare che la rendeva felice da bambina, alla casa di suo cugino – piena di fogli scritti e di libri mai letti, con il cane affamato e disperato che implora di uscire e di affezionarsi a lui. Perché il cugino, innamorato di lei dai tempi dell’adolescenza, è in coma irreversibile – non ancora morto, quasi ancora vivo. E Lady Mora si ritrova nella stanza dell’ospedale a parlargli, lei che sa tutto degli altri, perché legge i tarocchi e gli occhi altrui; e sa tutto dei tradimenti e le illusioni di cui ci nutriamo. Ma di fronte a quell’uomo, che forse ha amato e da cui è scappata, sa di non sapere. E vive un dubbio bruciante, se staccare o no la spina, come lui le chiede nel testamento – con la sua firma falsificata. C’è un’unica traccia musicale a fare compagnia, Un’estate fa di Mina, che Lady Mora ascolta sul suo cellulare, per distrarre la mente dal paradosso in cui è caduta, e in cui cade lo spettatore, mentre cadono le luci.

Una prova d’attrice ben riuscita, per un ruolo che rimane sospeso, come senza tempo, senza autore, senza spazio. Un ruolo che vive di vita propria e assomiglia, in certe pose fisiche, a un quadro di Hopper.

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Exit mobile version
X