Home Teatro Se io fossi miliardario come un povero, o come Il Nullafacente

Se io fossi miliardario come un povero, o come Il Nullafacente

In Prima Nazionale fino al 12 marzo, al Teatro Era di Pontedera, va in scena il nuovo testo di Michele Santeramo, per la regia di Roberto Bacci. Uno stridente spettacolo sulla vita e la morte

Un tavolo, un bonsai, una poltrona, alcune sedie. Questo è l’essenziale arredo dove si consuma la storia de Il Nullafacente. Una storia tesa, a tratti ironica, a tratti insostenibile. C’è un paradosso di fondo, come un’ombra spaventosa, difficile da accettare – in questo testo scritto da Michele Santeramo. C’è qualcosa che non si afferra, fa tremare. Il coinvolgimento emotivo è pressoché inevitabile. E la recitazione distaccata, rischiosa, provocatoria del drammaturgo/attore, vibra di suoni. La superiorità sulla vita che Il Nullafacente si sforza di attuare, giorno dopo giorno, non appartiene alla nostra umanità contemporanea. In questa particolare epoca rifiutiamo la mortalità e la vecchiaia; forse che non rigettiamo l’idea del disfacimento e della trasformazione della materia? Vi è la sensazione che non si riesca, effettivamente, come tenta di spiegare il Nullafacente, a vivere pienamente il presente. Come dare torto a quest’uomo che decide di iniziare a praticare il niente, smettere di lavorare, di guadagnare denaro. Denaro che davvero riversiamo, ogni giorno, nei supermercati, a comprare caterve di oggetti inutili.

Il Nullafacente © Guido Mencari

Lui accetta solo di farsi il pezzo di strada a piedi per recuperare le verdure invendute ai mercati generali, parlare con il bonsai, rifiutare di comprare le medicine per la moglie malata di cancro – punto più stridente. Addirittura sceglie di non aiutarla quando lei, Silvia Pasello, cade a terra. E lui cosa potrebbe fare? Se fosse morta, sarebbe inutile far qualcosa. Se non lo fosse, si rialzerebbe da sola. Si spinge al limite la scrittura, si fa corrosiva e contorta, esasperata.

Il toccante dialogo con il bonsai si consuma a lume di candela, perché la corrente è stata staccata. Come fa il bonsai a estirpare la sua linfa inesauribile dal minuscolo vaso in cui è costretto. Non sente la voglia di divenire una quercia? Come riesce a restare armonioso di fronte alle varianti giornaliere – il clima, o le mani della persona che lo pota, lo sfoglia, lo accarezza. Quando la moglie si allontana per andare a vivere con il fratello e farsi curare dal medico, il bonsai perde il manto verde che lo ricopre, e Il Nullafacente torna a guadagnarsi una somma di denaro. Così potrà comprarle i farmaci. Farmaci che la faranno vivere forse un po’ di più, ma vivere come? Senza qualcuno che le sta accanto senza fare niente, e l’accetta nel suo essere al termine del viaggio. Lei decide di tornare da lui, per vivere insieme una dimensione dilatata, vissuta a fondo. “Senza fare niente. Nemmeno morire.”
Un plauso a tutto il gruppo di attori: oltre a Santeramo e Pasello, anche Michele Cipriani, Francesco Puleo, Tazio Torrini.

Il Nullafacente © Guido Mencari

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