
Data zero alla Città del Teatro di Cascina per il nuovo tour “Ombra. Canzoni della Cupa e altri spaventi” dell’onirico Vinicio Capossela: una serata elettrizzante ed elettrizzata, tra i sentieri della Cupa.
Ad accoglierci ombre e inquietudini di atmosfere rarefatte, suoni notturni e ululati, mentre la siluette del cantautore ci dà il benvenuto con la sua voce bassa e profonda:
«Buonasera a tutti e benvenuti,
tra i sentieri della Cupa,
la Selva è qui un luogo di metamorfosi,
a tutti crescono le orecchie lunghe come Lucignolo,
e uno diventa Lupo e si mette a ululare alla Luna,
e ci sono altri che la notte trasforma chi in Lupo chi in Porco Maiale,
perché il senso di morte accompagna la metamorfosi,
si rimane privi di forza e di vita,
questa è la fatica straziante delle anime doppie,
di quanti non hanno portato la Verità alla luce con l’Ombra»
Ci inoltriamo così in zone d’ombra, attratti da quel fascino atavico dei racconti intorno al fuoco, veri racconti per la stagione intercalare, tra leggende e storie orrorifiche che narrano ora di trasformazioni, tra asini e porchi, ora di premonizioni come la Notte di San Giovanni. Mentre la luna prende corpo, e dentro di lei si stagliano chiari-scuro animaleschi, sonorità acquatiche e ipnotiche si diffondono e prende vita l’ombra di Tiresia: di pari passo sopraggiunge Brucia Troia e il Ciclope di Vinocolo, con proiezioni tridimensionali dello spaventoso occhio unite a suoni gutturali e cavernicoli. E mentre “si adagia la sera” in un estremo omaggio a Modì, tra braccia scheletriche che oscillano in saluto sopraggiunge il Corvo torvo, sublime Vinicio in sagoma nera. Non poteva mancare Marajà in questo attingere a piene mani in tutto il suo repertorio più famoso: qui l’artista fa sfoggio di un piumaggio variopinto, dono fiorentino fresco fresco per questa grande serata.
E così, dopo Modigliani, il quadro che si staglia davanti a noi prende spunto dal pindarico Chagall, mentre risuona il canto sardo Faccia di Corno. L’adrenalina dell’anteprima taglia l’atmosfera sovraeccitata quando Capossela scende fra il pubblico in estasi, catarsi che si fa necessaria e spinge il cantautore a non risparmiarsi, regalando nuovi quattro bis.
Le atmosfere cupe si rischiarano, invitando ora alla dolcezza ora alla nostalgia amorosa Con una rosa, ne Il paradiso dei calzini per finire con Ovunque proteggi e Camminante.
Un’anteprima che toglie il respiro e riporta in vita sul palco le creature più oscure del cantautore, in quel magico mondo di suoni che solo il suo estro è in grado di creare, tra cupi colpi di tamburo, corde di violino “strumento del diavolo”, fino alle onde ipnotiche del teremin, per un viaggio in bilico tra il sogno e l’Es, quel mondo sommerso dell’inconscio dove albergano le ombre più oscure di ciascuno di noi.
Con lui sul palco Alessandro “Asso” Stefana (chitarra, armonio e campionatori), Glauco Zuppiroli(contrabbasso), Vincenzo Vasi (percussioni, campioni, theremin, voce), Peppe Leone (tamburi a cornice, percussioni, mandolino, violino agricolo, voce), Giovannangelo De Gennaro (viella, flauti, aulofoni, strumenti antichi e voce) ed Edoardo De Angelis (violino). L’ingegnere del suono è Taketo Gohara. Il progetto luci, dalla grande resa scenica, perfetto nel proiettare il pubblico in realtà ‘altre’, è di Daniele Pavan, con la supervisione artistica di Loic Hamelin. Il direttore di produzione è Michele Montesi.
Un tour che si preannuncia oscuramente catartico.