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Monica Nappo torna a Roma con “L’esperimento”

All'Argot Studio di nuovo in scena il monologo dell'artista napoletana edito da Cue Press

Monica Nappo all'Argot Studio di Roma dall'11 al 14 aprile con "L'esperimento".

Sottotitolo: All’Argot Studio di nuovo in scena il monologo dell’artista napoletana edito da Cue Press

Monica Nappo è semplicemente un animale da palcoscenico. Una che spacca la quarta parete e ti entra dentro con quel timbro vocale inconfondibile e lo sguardo che sembra puntare a un altrove imprecisato e invece è una freccia dentro l’animo dello spettatore. Può recitare qualsiasi cosa, perfino la lista della spesa e l’incanto dell’attrazione verso parola e gesto non ne esce minimamente intaccato. La recitazione è forte, fortissima, inoppugnabile, mi trovo dunque parecchio dispiaciuta nel rilevare invece un profilo non altrettanto coinvolgente nell’impianto drammaturgico.

Almeno per quel che riguarda “L’esperimento”, monologo intimista che la Nappo riporta in scena a Roma all’Argot Studio dall’11 al 14 aprile. La storia, o più propriamente il flusso di coscienza, come si legge dalla quarta del testo edito per Cue Press, ci trascina lentamente nel mondo di una donna (un’analista), che sembra riscoprire una nuova vita professionale, alle cui spalle però si cela un’ombra privata. Potremmo ridurre tutto alla banalità di un tradimento, ma c’è molto di più nelle relazioni umani, non ultime quelle sentimentali e allora eccola snocciolare pian piano quelle minuscole “impercettibili” anomalie e distrazioni, la cui summa progressiva finisce inevitabilmente per condurre la protagonista sull’orlo di un precipizio tutto umano. Che fare? Saltare fuori dalla pentola che bolle prima che sia troppo tardi? Oppure lasciarsi pavidamente sopraffare continuando a vivere da morti?

È in fondo l’eterno dilemma che almeno una volta deve aver attanagliato ciascuno di noi, quando, come la rana dell’esperimento che dà il titolo alla pièce, ci spingiamo verso i nostri limiti adattativi. È ficcante la storia della “rana bollita” di Chomsky, perfettamente pertinente a spiegare in che modo l’essere umano è in grado per sua stessa iniziativa di “spegnersi” poco a poco, evitando di reagire ai segnali che sceglie di non cogliere. E dopotutto è pure la parabola di crescita preferita di mental coach e corsi motivazionali; il punto è che non basta. Non basta a reggere da sola un impianto monologico, neppure coadiuvata da una recitazione di marca di una regina della scena come la Nappo.

Monica Nappo ne "L'Esperimento".
Monica Nappo ne “L’Esperimento”.

La regia forse? Nemmeno, se “non succede niente” dentro e fuori il personaggio, quantomeno qualcosa di veramente forte, rilevabile, che investa chi guarda e ascolta nel profondo, tutto rimane sullo stesso piano, testo e messa in scena si schiacciano uno sull’altro. La verità, purtroppo, è che il racconto tradisce le attese. Tutto si gonfia di premesse cariche di significato, il fucile di Checov è lì, lo vediamo, anche se è vestito da pentola dell’acqua che bolle su un fornelletto elettrico, ma sappiamo, vogliamo, desideriamo avidamente che sia da lì che esploda qualcosa. Invece non succede. Il palloncino si sgonfia e rimaniamo delusi e ammutoliti a osservarne la triste carcassa di plastica sul pavimento.

Qualcuno potrebbe ribattere criticamente che questa è una scelta stilistica. Benissimo, lecita e ragionevole, ma il teatro, mi permetto di replicare, si fa anche per chi lo fruisce e quando un input così promettente mi scivola via fra le dita, per me, ha mancato l’obiettivo artistico. Il nodo cruciale che L’esperimento avrebbe dovuto sciogliere in primis dentro di me in qualità di spettatrice, si arrotola su sé stesso e né mi inghiotte ponendomi allora domande fondamentali che non ero riuscita a strappare dal mio vissuto, né mi offre una visione, un punto di vista, una risposta. Che mi piaccia o meno, che sia giusta o sbagliata, che sia pronta ad accettare o rifiutare.

I quadri, le immagini di vita, ormoni, matrimoni, maternità, separazioni, sono tutti passaggi ben scritti e riconoscibili che però fluiscono via veloci, senza lasciare il segno. Altra scelta stilistica? D’accordo, se dunque il pubblico deve galleggiare come la rana in ebollizione che non si accorge di morire, diventando di fatto il silente analista dell’analista, allora in questo caso “L’esperimento” è riuscito.

Cosa resta in conclusione? Sicuramente un recitato brillante e ricco di picchi comici, meno forse quelli drammatici, ma in ogni caso non sbiadiscono una performance che merita tutti gli applausi ricevuti. Non spetta a me sottoscrivere che Monica Nappo sia una grande interprete, parla la sua carriera e anche in questo pezzo non smentisce professionalità e talento. Si potrebbe ascoltarla per ora parlare del niente, risulterebbe comunque interessante l’approccio. Insomma sull’ideale bilancia della scena, brilla e pesa come sempre l’interpretazione, l’altro piatto è solo un po’ più leggero.

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