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L’importanza di essere EARNEST

[rating=3] Nella storia del cinema italiano è capitato spesso che titoli di film stranieri venissero tradotti nella nostra lingua travisando (a volte completamente) il loro senso originario. Cose del genere succedono anche in ambito teatrale, e l’esempio forse più famoso è rappresentato dalla commedia di Oscar Wilde L’importanza di chiamarsi Ernesto, il cui titolo originale è The importance of being Earnest: come si può notare, nella versione italiana si perde del tutto il gioco di parole tra il nome di battesimo Ernest e l’aggettivo earnest, che significa “serio”. Questo “inconveniente” di traduzione sparisce nel titolo del nuovo spettacolo di Antonio Latella L’importanza di essere EARNEST, con la parola originale che va scritta tutta maiuscola per conservare l’ambiguità di significato voluta dall’autore (e in una recente intervista lo stesso Latella ha ricordato che ai tempi di Oscar Wilde la parola earnest serviva anche a indicare gli omosessuali).

L’importanza di essere EARNEST, prodotto da Teatro Stabile dell’Umbria e Fondazione Brunello e Federica Cucinelli, e tratto dalla commedia di Wilde con la traduzione e l’adattamento di Federico Bellini, ha debuttato il 3 settembre scorso al Teatro Cucinelli di Solomeo (Perugia).

L'importanza di essere EARNEST

Come spiega Latella negli appunti di regia inseriti nel programma di sala dello spettacolo, «Con Wilde imparo ad ascoltare ciò che viene omesso, il non detto; comprendo che il vero dialogo non è nelle parole dette, ma in quelle nascoste abilmente dietro i suoi personaggi». Ed è su questo sottotesto celato, su questo substrato che si è concentrato il lavoro di Latella e degli attori e attrici della Compagnia dei Giovani del Teatro Stabile dell’Umbria: dalla fitta trama di battute cariche di nonsense, british humour e doppi sensi emergono quelle che secondo Latella sono le pulsioni profonde che animano i personaggi e li collegano gli uni agli altri, e sono pulsioni di natura soprattutto sessuale, che sfociano nelle varie scene di baci etero, omo e lesbo e nel rapporto sessuale mimato tra Jack e Gwendolen. Per quanto riguarda i vari personaggi, sono stati sottoposti a un lavoro di revisione nella forma e nella sostanza: nel primo atto quelli “cittadini” (Algernon, Jack, Gwendolen, Lady Bracknell) indossano dei pigiami per sottolineare la loro appartenenza a una classe sociale che non lavora e trascorre la propria vita nell’ozio, e nel secondo atto quelli “campagnoli” e proletari (il Reverendo Chasuble e Miss Prism) sono vestiti in modo dignitoso perché appartengono a una classe sociale che si dà da fare; Gwendolen è una bitch bella tosta; il cameriere Lane è un amante dei tacchi a spillo; il maggiordomo Merriman è una specie di aspirante investigatore privato sotto copertura che “pedina” e tiene d’occhio Algernon e gli altri personaggi per conto dell’avvocato Gribsby (protagonista del cosiddetto “Episodio Gribsby”, una scena presente nella prima stesura dell’opera che Wilde successivamente eliminò, e che Latella e Bellini hanno introdotto nello spettacolo), riferendo costantemente le loro mosse a quest’ultimo tramite radio e telefoni cellulari. Nello spettacolo hanno poi una grande importanza le piante e in particolare i fiori, molto cari a quel Decadentismo del quale Oscar Wilde è considerato tra gli esponenti principali: oltre ai fiori nominati nei passi tratti dal De Profundis di Wilde e dal romanzo Controcorrente di Joris-Karl Huysmans inseriti all’inizio e alla fine dello spettacolo, ci sono i fiori che le attrici e gli attori tengono in mano nel secondo atto e che corrispondono alle caratteristiche dei loro personaggi (Gwendolen ha un’orchidea perché è pretenziosa come lei, Algernon ha un cactus per via delle sue battute “pungenti”, la vivace Cecily ha una rosa gialla che è simbolo di vivacità, ecc.).

Nel complesso, L’importanza di essere EARNEST non risulta particolarmente coinvolgente ed emozionante: il primo atto scorre via senza guizzi particolari, e nella parte conclusiva dello spettacolo viene calcata fin troppo la mano sul registro tragico, tanto da rendere il finale alquanto ostico a causa dell’eccessivo carico di pathos. Le cose migliori sono invece la bravura e l’impegno di tutti gli attori e le attrici – Francesco “Bolo” Rossini, Caroline Baglioni, Edoardo Chiabolotti, Vittoria Corallo, Caterina Fiocchetti, Stefano Patti, Jacopo Pelliccia, Samuel Salamone, Giulia Zeetti -, la briosa e divertente prima parte del secondo atto e la scenografia ideata da Giuseppe Stellato (degna di nota è la grande parete divisoria mobile con finestre che si aprono e si chiudono, che nel primo atto, ambientato nell’appartamento di Algernon, diventa il muro esterno della casa, attraverso le cui finestre gli spettatori si ritrovano voyeuristicamente a spiare ciò che accade all’interno, e nel secondo atto, ambientato nel giardino della casa in campagna di Jack, diventa una struttura intorno alla quale e sulla quale si svolge quasi tutta l’azione scenica).

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