[rating=1] Pièce di chiara matrice italiana, molto liberamente ispirata, al capolavoro: “E’ ricca, la sposo, l’ammazzo”. Il film campione d’incassi, diretto da Elaine May e superbamente interpretato da Walter Matthau, è ora in scena al Teatro Manzoni, proposta quale brillante alternativa alla commedia americana.
La vicenda è nota. Ex miliardario arrogante, dopo aver dato fondo alla propria rendita personale e spinto dalle pretese dei creditori, si trova costretto a contrarre matrimonio d’interesse. Grazie alla complicità del fedele maggiordomo (in questo caso, la governante Nunziatina), ha inizio la ricerca della candidata ideale: la scelta ricade su una ricchissima studiosa quanto ingenua fanciulla. Il piano di sposare l’ereditiera e ucciderla si scontra con il carattere candido e disarmante della moglie. La realtà della vita a due modificherà le prospettive e i piani alla Landru, del neo sposo, per scoprirsi infine irrimediabilmente innamorato. Un intreccio ed una rassegna di personaggi da Oscar…trasformati, dalla triviale penna di Mario Scaletta, in un sotto genere da avanspettacolo. Il Pessimo rimpasto di elementi originali ed espedienti pseudo farseschi trasforma la sofisticata commedia in un coacervo di trovate grossolane e gag protratte oltre il limite dell’umana sopportazione. Una nota di demerito va all’uso indiscriminato dei dialetti e alle barzellette “targate Cartagine”.
Non c’è limite al peggio. La regia di Patrick Rossi Gastaldi, a pieno supporto del testo, zoppica e procede sempre più maldestra e involuta. La commedia, virtualmente tollerabile, nei primi cinque minuti, annaspa e sbuffa sino al finale pasticciato e inconcludente. Non è da meno l’interpretazione della coppia di attori Gianfranco Jannuzzo –Debora Caprioglio: rispettivamente Orazio e Albertina, disperatamente slegati in scena quanto impegnati (individualmente) in siparietti privi di mordente. La situazione, già pessima in partenza, degenera anche in virtù del brillante contributo fornito dai caratteristi.
Un cast di mestieranti- troppo impegnati a raggranellare qualche sparuto applauso – per riuscire a rendere in scena i toni sofisticati della commedia. Antonella Piccolo nel ruolo di Nunziatina incarna, con estrema prevedibilità, il ruolo della governante al servizio dello snob Orazio Pignatelli: dialetto napoletano e strafalcioni a ripetizione caratterizzano un personaggio al limite dell’offensivo. Tanto per non farsi mancare nulla, la commedia si avvale anche della ricca snob Floriana (Claudia Bazzano), caricatura dell’alta società cinica ed eternamente insoddisfatta. L’intreccio della commedia prevede anche il personaggio (appiccicato con lo sputo) del gangster siciliano Lucky Buonanno (Cosimo Coltraro), la presenza dell’usuraio dà il via ad una serie d’inutili leitmotiv, patetici stereotipi, gag trite e prevedibili.
La versatilità della scena. Non basta l’uso sapiente ed esperto dell’illuminotecnica né lo splendore e la versatilità delle scene, firmate: Salvo Mangiagli per recuperare il disastro totale. Il fallimento si palesa nello scorrere infinito dei minuti, negli sbadigli trattenuti, leniti dalla speranza che “niente è eterno”. Uno spettacolo consigliato ad un pubblico poco scaltro, non particolarmente ricettivo né dotato d’ironia.
L’ho visto a Roma al Teatro Quirino: mi ha ricordato lo spettacolo degli ospiti che nei gloriosi anni 80′ veniva affidato agli allegri ospiti di Villaggi Valtur a fine settimana. Roba da chiedere indietro i soldi!