
Una première di grande successo sabato 19 febbraio al Verdi di Pisa, davvero consolante in un periodo di crisi quale il nostro attuale, che vede le sinergie altamente prolifiche e di alto professionismo dei giovani del progetto LTL Opera Studio mettere in scena l’esilarante opera metateatrale di Donizetti, ovvero Le convenienze ed inconvenienze teatrali.
L’opera di Gaetano Donizetti, su libretto di Domenico Gilardoni, nata come “farsa in un atto”, debuttò con grande successo nel 1827 al Teatro Nuovo di Napoli, per poi essere in seguito rivisitata dallo stesso Donizetti, che la divise in due atti e trasformò le parti recitate in recitativi semplici. L’opera è costituita da due parti che riprendono i due termini speculari: da una parte ci vengono presentate le “convenienze”, vale a dire «i diritti presunti o veri, che ciaschedun personaggio pretende di sostenere rigorosamente in teatro» (Sografi), quindi le “inconvenienze”, nate dalla presenza del personaggio dirompente di Mamma Agata, en travesti di gran successo nel suo linguaggio parodistico in pseudo dialetto napoletano. La commedia porta in scena quel gusto legato al “Teatro alla moda” che affonda le sue radici nella tradizione di Benedetto Marcello: assistiamo infatti alle prove per l’allestimento dell’opera seria Romolo ed Ersilia di Metastasio, scusante per illustrare capricci e litigi dei cantanti ed allestire imbrogli ad arte, emblema del glorioso passato rossiniano ormai prossimo al congedo.
Tipicamente rossiniane sono infatti le vorticose onomatopee nella Cabaletta in cui Mamma Agata impartisce consigli su come comporre un’aria di successo, con lo «zighete» dei violini con sordina, il «piripi» dell’oboe, lo «frinchete» del violoncello ed il «tuturutu» del corno. Ed ancora la parodia conclusiva dell’estenuante languore della “Canzone del Salice” tratta dall’Otellorossiniano rende quest’opera vero «desiderio di corrosione delle convenzioni rossiniane», per citare le parole di Bernardino Zappa.
I giovani interpreti hanno dato il meglio di sé, da Lilia Piven nei panni della presunta primadonna Daria, dalla morbida linea vocale, seppur un po’ tirata negli acuti; Pawel Erdman come infiammato Procolo; Francesca Salvatorelli una Luigia figlia comicamente dolce nell’ottimo ed espressivo fraseggio; Alberto Zanetti nei panni del malcapitato Maestro dall’ottima mimica ed infine l’esilarante Marco Filippo Romano dalla profonda e possente vocalità, perfettamente calato nelle vesti dell’irruenta Mamma Agata, tanto da improvvisare sull’ultima catastrofica scena un istrionico «Don Gennaro!».
Buona interpretazione anche per l’Orchestra della Toscana diretta da Federico Maria Sardelli.
Nuova bella prova per il regista Saverio Marconi, che ha reso lo spettacolo vivo e vitale.
Il grande successo di applausi e risate danno nuova spinta al progetto innovativo dell’Opera Studio, perché come dice lo stesso Marcello Lippi: «Quanto bisogna aver fede, oggi, per calcare un palcoscenico! Quanto bisogna amare profondamente la vita, e la narrazione, e riconoscere alla musica quel potere anagogico capace di trasformare uno spirito anestetizzato in una feconda e potente umanità!». Occorre continuare ad avere fede.