
Ieri sera, Vladimir Luxuria ha incontrato il pubblico pratese. L’evento si è tenuto alla Biblioteca Lazzerini nell’ambito della rassegna Libri d’Italia. Stefano Coppini ha intervistato e gestito il dibattito sull’ultima pubblicazione dell’artista: Eldorado.
Raffaele, il protagonista, è un anziano omosessuale di Foggia che sogna un luogo in cui potersi esprimere in tutta la sua personalità. Tutto è scaturito da una domanda, come racconta l’autrice stessa: “Cosa sarebbe stato di me se fossi vissuta negli anni ’20?”
Sarà, infatti, attraverso le vicissitudini di Raffaele, che Luxuria segnerà il tracciato verso la Berlino nazista. Ripercorrendo alcuni tratti autobiografici, viene messo in risalto uno dei temi che le sono più cari: la discriminazione nei confronti di gay, lesbiche e transgender.
Il romanzo, dunque, diviene un mezzo tramite il quale affrontare, in maniera “leggera”, la pesantezza dei fatti storici e, talvolta, odierni. L’autrice ripercorre i lager del nazismo, ci sbatte in faccia le matasse di capelli rasati per fare i tessuti, i triangoli rosa con cui venivano contrassegnati gli individui “infetti”, ricostruisce le lacrime, le sensazioni di vuoto e spossatezza provate dai deportati.
Raffaele, drag queen in arte Nonna Wanda, è un filo diretto con il passato, il trait d’union tra i migliaia di omosessuali uccisi e tutti quelli che, ancora oggi, sono costretti a lottare per avere i diritti che ingiustamente non gli vengono riconosciuti.
Nonna Wanda si porta dentro l’orrore e il dolore della perdita di due cari amici, Franz e Karl. Racchiude in sé la paura lasciatagli addosso dagli atti di criminalità subiti. Se da un lato, nell’Eldorado ha trovato un locale in cui esibirsi e dare sfogo all’estro, dall’altro, lo stesso locale implode su se stesso sotto la minaccia delle SS. Il tintinnare dei cin cin tra i sorrisi, diventa il rumore tagliente dei sogni infranti.
La presunta inferiorità razziale di Raffaele, lo porterà alla salvezza seppur con qualche cicatrice all’anima. Il passato ritorna incessante a interrogare, a chiedere un confronto su ciò che è stato, a chiedere di non dimenticare.
I confini tra romanzo e realtà, di tanto in tanto, sfumano e si perdono nell’oscillare tra i pregiudizi superati e quelli radicati nelle persone non ancora evolute, nell’ “ostilità di chi crede di essere superiore al punto tale di arrogarsi il diritto di decidere se accettarti o meno, comprenderti o disprezzarti, rivolgersi a te o insultarti, includerti o cacciarti via.”
Quello che maggiormente colpisce del testo, è l’ironia di fondo, il miele prima dell’amaro. Un’ironia che contraddistingue anche la stessa autrice e scorre parallela accanto alle note più tragiche. Un’ironia, che cela una grande forza d’animo.
Gli omosessuali vengono disegnati come persone che hanno voglia di vivere e divertirsi, trasmettendo allegria al prossimo e avvicinando un po’ quell’Hollywood tanto lontana. Il momento del parto, ad esempio, viene goliardicamente così descritto: “…alla fine sono riusciti a convincermi… mi hanno detto che non c’erano fotografi… allora sono uscita favolosa con tutto uno strascico di cordone ombelicale fatto di paillettes, con il gloss sulle labbra che mi ero fatta con il liquido amniotico”.
Eldorado si compone di un’attenta analisi storica che oltrepassa il tempo rendendoci tutti uguali di fronte alla morte, un appello a parlare un po’ più di umanità che di etero o gay. Le pagine trasudano la sensibilità, la dolcezza e il coraggio dell’autrice, nel far riemergere dalla polvere, storie quasi dimenticate.
Mentre Luxuria commenta: “La conoscenza è il miglior antidoto al pregiudizio”, e lei stessa è la testimonianza vivente del dialogo sempre aperto con il popolo, la gente di strada, gli applausi scoppiano sulle sue battute. La lunga lista nera dei nomi delle vittime del nazismo, in appendice, riecheggia con un po’ meno amarezza. In qualche modo, a ognuna di quelle vittime, è stato restituito un ricordo, un nome.
Noemi Neri: consulenzaletteraria@libero.it