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Paola Capriolo, Mi ricordo

“Ti so e ti dimentico. Di te, musa leggera, resterà forse una pagliuzza d'oro impigliata ai miei versi.”

Giunti editore

Sono due voci femminili quelle che si intrecciano raccontando una storia che va piano piano amalgamandosi. Sonja torna nella casa di infanzia come badante, adesso ci abita un signore anziano tutto solo, il rumore del fiume è sempre lì, con la sua litania mortifera.

Adela è una donna borghese che conduce una vita agiata insieme ai genitori, mentre un dottorino la corteggia, lei scrive lunghe lettere a un poeta.

Siamo negli anni 30, i fuochi della guerra divampano e perseguitano gli ebrei come Adela, la stella gialla è il marchio obbligatorio per poter esistere e sopravvivere. Per questo per un un periodo perderà la sua identità in una casa dalle imposte chiuse, dove “la poca luce che ne filtra ha il rosso, cupo colore del sangue”. Adela esce di casa con l’abito verde, dal quale scuce con cura quel simbolo di emarginazione e diniego, raggiunge la conferenza del poeta, prima però, scrive ancora una lettera.

Sarà Sonja, anni dopo, a sfilare il nastro che lega la corrispondenza chiusa nello scrittoio e a ridare vita alle parole della madre. Una lettera vuota contiene soltanto un fiore, “non ti scordar di me”, come risposta o esortazione al notturno di Chopen, Mi ricordo, che Adela aveva eseguito dedicandolo al suo corrispondente.

È il ricordo infatti, che salva tutti. Salva Sonja che ricostruisce il proprio passato, salva l’anziano mentre indica a una sorella che non c’è, i fuochi che si sono trasformati in luci di Natale. Salva tutti quelli che se ne sono andati, lasciando davanti a sé un oblio colmo di immagini da non dimenticare.

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