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L’intramontabile Giselle alla Scala

In scena fino al 28 ottobre al Teatro alla Scala di Milano il balletto romantico per eccellenza

[rating=5] Giselle, ancora Giselle, sempre Giselle! Intramontabile classico del repertorio tersicoreo immancabile nelle stagioni scaligere, il balletto di Adolphe Adam macina ad ogni rappresentazione il tutto esaurito.

Nato nel 1841 dall’interazione di un affiatato nugolo di amici, artisti di notevole caratura quali il romanziere Theophile Gautier, il drammaturgo Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges, il direttore dell’Opera di Parigi Leon Pillet, i coreografi Jean Coralli e Jules Perrot, lo scenografo Pierre Luc Charles Ciceri, i ballerini Carlotta Grisi e Lucien Petipa e il compositore Adolphe-Charles Adam, Giselle è tra i balletti più rappresentati al mondo, prototipo classico-romantico impareggiabile per originalità, bellezza, complessità e intensità.

Nel corso dei secoli molto dello spettacolo originario è andato modificandosi, in particolare ad opera dei balletti imperiali russi sotto le sapienti mani di Marius Petipa, Cesare Pugni, Leon Minkus, Riccardo Drigo e Sergej Diaghilev che nei decenni ne hanno adattato musiche e passi alle esigenze di palcoscenico.

Giselle

Oggigiorno la ripresa del Teatro alla Scala che calca le scene del Piermarini dal 1950 è quella di Yvette Chauviré per le coreografie e Aleksandr Benois per scene e costumi, in linea di derivazione quasi diretta dalla tradizione originaria.

Uno spettacolo sempre uguale a se stesso eppure ogni volta rinnovato dalle infinite pieghe interpretative che l’interazione tra danza, espressione e mimica propongono allo spettatore. Un incanto in cui musica, gesti e movimenti raccontano l’universalità e la particolarità dei temi dell’amore e della morte.

La fiabesca storia di Giselle, semplicissima e linearissima, è desunta dalla tradizione mitologica delle Villi, misteriose fate dei boschi, incarnazioni di giovani donne morte a causa di un tradimento, che impongono a chi si imbatte loro di danzare fino allo stremo.

Atto I, un villaggio di contadini. La bella Giselle, esile e cagionevole, è innamorata della danza e di un misterioso giovane, nonostante le preoccupazioni della madre che teme oscuri presagi. Il fortunato ragazzo altri non è se non il prestante principe Albrecht, che ama Giselle ma non può rivelarle la sua identità giacché egli è già promesso sposo alla nobile duchessa Bathilde.

Mentre i due stanno civettando vengono sorpresi dal popolano Hilarion, geloso di Giselle. Mentre una battuta di caccia fa incombere improvvisamente nel villaggio la nobile famiglia di Bathilde, costringendo Albrecht a nascondersi, Hilarion si accorge della somiglianza tra lo stemma della sua spada e quello del corno del Duca e smaschera l’identità dell’avversario di fronte a Giselle e agli altri contadini.

La giovane, già stremata per i balli in onore dei duchi, impazzisce dal dolore e muore al culmine di un’ultima danza delirante, tra l’orrore sconvolto della madre, di Hilarion, di Albrecht e degli amici.

Atto II, un bosco ai margini del cimitero. In piena notte Hilarion giunge con altri compagni a rendere onore alle spoglie di Giselle, ma viene sorpreso dalle Villi, che lo obbligano a danzare fino all’esaurimento fisico. Tra costoro si è unita Giselle, succube del richiamo ancestrale della loro magica Regina Myrtha. Non passa molto tempo e alla tomba dell’amata giunge anche Albrecht, che tra le nebbie della notte intravede lo spettro di Giselle.

Anche il Principe è subito circondato dalle Villi e a nulla valgono le suppliche di Giselle a Myrtha, egli dovrà danzare fino a morirne. La giovane però non si da per vinta e sceglie di ballare con Albrecht e sostenerlo: l’alba è vicina e al rintocco delle campane le Villi dovranno ritirarsi.

Le intenzioni di Giselle hanno buon esito, alle prime luci del giorno le ninfe si ritirano e Albrecht, benché stremato, è salvo. Tra i due era stato vero amore e la giovane non deve più fare parte delle Villi, il suo spettro può dunque scomparire con il suo corpo defunto.

Al Principe, rimasto solo, resta un insuperabile e straziante dolore.

Il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala si è dimostrato ancora una volta a perfetto agio con questo affatto semplice spettacolo. Particolarmente suggestive le coreografie d’insieme sia del primo atto, festanti e saltellanti, evocative dei caroselli popolari, sia quelle del secondo atto, emblematico esempio di ballet blanc, affascinanti e seducenti, con le ballerine perfettamente allineate tutte in tutù bianco e punta di piedi.

In ottima forma le prime parti, Nicoletta Manni nelle vesti di Giselle e Claudio Coviello in quelle di Albrecht. Artisti fiori all’occhiello del Piermarini, capaci di grande tecnica e di efficace espressività, talentuosi ed affiatati in due ruoli tra i più complessi e complicati della danza. Hanno suscitato lo spontaneo plauso di pubblico nelle scene cult dei personaggi: Giselle al termine della frenetica danza del primo atto e Albrecht, alla prova estenuante di fronte alle Villi.

Molto bene anche la comprimaria Myrtha di Maria Celeste Losa, che domina il secondo atto a capo delle Villi in numeri solitari assai incantevoli.

Bene anche le seconde parti. Il guardiacaccia Hilarion, affidato a Massimo Garon, e Wilfried, il premuroso amico di Albrecht, interpretato da Nicola Del Freo, ruoli poco danzanti e piuttosto mimici. Le amiche di Giselle, Marta Gerani, Daniela Cavalleri, Lusymay Di Stefano, Stefania Ballone, Martina Arduino e Agnese Di Clemente, che hanno dato ottima prova di sé durante le coreografie del primo atto. E infine le coppie Denise Gazzo e Walter Madau, bravi ed espressivi nel passo a due dei contadini di fronte ai duchi, e le due Villi Virna Toppi e Chiara Fiandra, aiutanti di Myrtha a capo delle Villi, ben esibitesi nei loro passi, sempre simmetrici, di non facile esecuzione.

Molto bene gli attori impegnati per la rappresentazione dei ruoli mimici, in particolare la madre di Giselle, Monica Vaglietti, il Duca, Riccardo Massimi, e Bathilde, Caroline Westcombe.

Ottima la prestazione dell’orchestra, ormai avvezza alla partitura di Adam, che ci ha deliziato con una performance priva della minima sbavatura. La bacchetta del maestro Patrick Fournillier si è rivelata straordinariamente emotiva e struggente, in un’interpretazione che ha prediletto la musica sulle esigenze di palcoscenico, liberando tutte le potenzialità di questo bellissimo balletto.

Lo straripante pubblico in sala, come al solito, ha omaggiato il commuovente spettacolo con lunghi e scroscianti applausi.

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