[rating=3] L’immersione è immediata e l’azzurro del mare ci avvolge fin dalla prima inquadratura. Eliza Kubarska, regista polacca del documentario Walking under water, proiettato il 4 dicembre al Cinema Odeon, ore 21, ci guida alla scoperta del mondo dei Badjao, popolazione indigena del Borneo, che pratica ancora la pesca subacquea.
A presentare il film, oltre alla regista e al Direttore Alberto Lastrucci, anche Stefania Ricci Direttrice del Museo Salvatore Ferragamo, partner del Festival dei Popoli nell’organizzazione di questa serata.
Il punto di contatto sta nel concetto di equilibrio: si passa dall’equilibrio che Ferragamo, quale “ingegnere della scarpa”, ha cercato di garantire alle donne nel realizzare le sue calzatura, all’equilibrio ambientale e, soprattutto generazionale. Il confronto tra tradizione e contemporaneità, lo si è visto nel film Dior and I, è spesso al centro delle preoccupazioni dei professionisti della moda. Ed è proprio sul confronto tra tradizione e realtà contemporanea che si fonda la riflessione di questo documentario.
In nome di questa affinità, i possessori di biglietto o abbonamento del Festival dei Popoli, potranno visitare a costo ridotto, la mostra Equilibrium in corso, fino al prossimo 12 aprile 2015, presso la sede dello stesso Museo Salvatore Ferragamo a Palazzo Spini Feroni, in Piazza Santa Trinita 5/R.
Esponendo opere di Degas, Rodin, Marina Abramoviç e Bill Viola, i curatori della mostra (la stessa Stefania Ricci e Sergio Risaliti) hanno inteso avvalersi dell’aiuto di altre discipline come l’architettura e l’arte che, dall’Ottocento all’epoca contemporanea, ha esplorato i limiti e le misure della figura umana in movimento.
Nel documentario di Eliza Kubarska vi è qualcosa di simile: Alexan, pescatore badjao che usa ancora la tecnica dell’immersione con il compressore, come i funamboli e gli acrobati che ritroveremo nella mostra, porta al limite le proprie possibilità umane, mantenendo saldo il proprio equilibrio fisico e psichico. Un equilibrio fondamentale per condurre la pratica dell’immersione con il compressore: ne abbiamo una prova quando Sari, il giovane nipote di Alexan, tenta di immergersi ricorrendo la stessa tecnica ed è costretto a risalire più volte, non riuscendo a respirare mediante il tubicino di plastica che suo zio usa come boccaglio.
È dura la vita dei pescatori Badjao, ma affascinante. Eliza ci mostra il training di Sari per diventare pescatore: un mestiere artigianale, che mette a dura prova il corpo e la mente per cui è necessario sempre affidarsi agli dei. Dalla riva o in mezzo all’oceano, zio Alexan ricorda a Sari di pregare sempre prima di immergersi e di portare rispetto alle creature marine.
L’animismo carica di magia questo mestiere e lo rende poetico, grandioso nella sua umiltà. Pieno di riti propiziatori e di storie meravigliose. È come vivere in un mondo a parte, silenzioso e idilliaco, pieno di colori e di eventi spettacolari (suggestive e mozzafiato le immagini dei banchi di pesci che si muovono all’unisono o quelle della tartaruga che vola in acqua insieme ad Alexan). Finché non giunge lo scontro con la realtà della terraferma: una dimensione chiassosa, sporca e misera, dove i bambini hanno il ventre gonfio per la fame, dove la moglie di Alexan li attende carica di rimproveri, dove il lavoro è umiliante e noioso. Sari sopporta tutto con grande dignità e i primi piani del suo volto, più disteso quando è in mezzo al mare, più preoccupato e cupo quando si trova sulla terraferma, riempie lo schermo con la sua severa bellezza.
Silenzioso come il mare, sopporta le ferite (anche fisiche) senza mai proferire un lamento. Stoico, maturo, precocemente adulto e responsabile, ma estraneo alla civiltà contemporanea quanto alle tradizioni di suo zio. Un giovane uomo preso tra due fuochi e in cerca del suo destino. La ragione lo spinge verso la terraferma, dove si può trovare un lavoro e non morire di fame, il cuore verso il mare, verso la sapienza di suo zio e l’equilibrio con il creato. Cosa prevarrà?
L’unico punto reale di contatto tra i due mondi sono le sigarette: quelle che zio Alexan fuma con tanto piacere e che offre alle creature del mare e della terra (un albero sacro), quelle che fuma la moglie di Alexan, che muore di fame ma non rinuncia a vizi (come il gioco d’azzardo), quelle che fuma lo stesso Sari, in presenza dello zio, probabilmente ignaro del loro potere nocivo.
Per il resto, racconta la regista, il mondo dei Badjao è sconosciuto ai più (e nono solo bianchi) e rischia di scomparire: se un tempo, ad esempio, essi abitavano l’intera Isola Mabul, oggi sono confinati su una piccola striscia di terra, con un minimo accesso al mare, dall’avanzata di alberghi e resort.
Per questo Eliza e la sua troupe, che vanta la presenza di Guido (italiano!) e Lisa, collaboratori esperti nella ripresa delle suggestive immagini subacquee e di Bashir, ottimo interprete di lingua e cultura badjao, hanno deciso di documentare questa realtà: per darne testimonianza e lasciar comprendere il punto di vista di questi magnifici pescatori. Teso a suscitare l’immedesimazione , piuttosto che riprodurre una conoscenza di tipo scientifico, il film della Kabarska presenta un gradevolissimo taglio narrativo e una forte dimensione poetica che abbiamo molto apprezzato.
E, in segno di solidarietà alla popolazione badjao, vi invitiamo ad aderire all’iniziativa di Eliza di creare una scuola per loro: la raccolta fondi è su www.badjaofilm.com.