[rating=4]Un interessante quadro indiano fa da sfondo ad una fitta corrispondenza epistolare nata da un enigmatico scambio di lunch-box (i porta-pranzo indiani). Questo il nocciolo di “The lunchbox”, la creazione di Ritesh Batra, una commedia sentimentale che pone in primo piano la coppia Ila-Saajan (Nimrat Kaur e Irfaan Khan – recentemente premiato come Miglior Attore al Dubai International Film Festival) e, in secondo, il giovane apprendista Shaikh (Nawazuddin Siddiqui), il marito di Ila e la zia della giovane – con la sua voce sempre fuori campo, pronta a dare preziosi consigli di cucina indiana alla nipote.
Ila prepara ogni giorno il pranzo al marito, lo impacchetta e lo consegna ai trasportatori che lo recapitano ai destinatari. Un sistema impeccabile e infallibile come attestato dagli studi condotti dalla Harvard University. Ma stavolta fallisce, il lunchbox arriva ad un nuovo destinatario, il contabile Saajan. Per ringraziare l’autrice dello splendido pranzo scrive un biglietto e lo mette nei contenitori del cibo.
Da qui prende avvio la relazione epistolare, ogni volta rinnovata ed esaltata dai sapori culinari degli ottimi piatti indiani cucinati da Ila. La loro storia è costruita con primi piani incrociati e carrellate d’ambiente sul caos quotidiano della città di Mumbai.
Nelle loro solitarie, grigie e monotone esistenze, in un abile gioco di specchi, accade qualcosa di ancora più negativo: il capufficio affida a Saajan un ragazzo-apprendista alquanto appiccicoso e invadente, Shaikh; Ila scopre dai profumi degli indumenti che suo marito ha un’altra donna.
Quest’ultima vicenda spinge Ila a confidarsi con Saajan. In uno dei tanti biglietti le confessa di volersi trasferire in Buthan, lì la vita costa di meno. Così i due cuori solitari decidono di incontrarsi, entrambi pensano ad una nuova vita, finalmente felice, lontana dai dolori e dalle convenzioni imposte dalla società. Ma il vecchio Saajan non ha il coraggio di avvicinarsi alla giovane Ila. Va all’incontro ma si limita ad osservarla da lontano.
La corrispondenza si interrompe dopo un gioco di sguardi e silenzi.
Saajan va in pensione e parte per il Buthan, a lui subentra Shaikh – quel giovane impertinente e fastidioso che tanto lo aveva turbato ma al quale si era affezionato tanto da fagli da testimone di nozze.
E ancora un gioco di specchi: Saajan fa a ritroso il viaggio dei lunchbox per trovare Ila; Ila fa il viaggio dei lunchbox raggiungendolo sul posto di lavoro. Ma i loro destini non devono incontrarsi, forse continueranno ad inseguirsi nella via per il Buthan.
Un intreccio di emozioni, ora individuali ora condivise, che crescono al crescere dell’intreccio. Dal non-sense iniziale ai tanti non-detti, da una monotona esistenza iniziale ad una crescente speranza di entrambi di poter finalmente cambiare. Gli attenti movimenti della macchina da presa attraversano i campi lunghi della città di Mumbai, le carrellate di vita indiana con i brevi tocchi di colore locale indiano – come il matrimonio di Shaikh – per arrivare ai primi e ai primissimi piani dei due protagonisti per lasciare allo spettatore quella possibilità di crearsi e immaginarsi una propria conclusione, di riflettere sulle nuove chances che l’esistenza ti pone davanti ogni giorno.