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Frances Ha: drammatico ottimismo tra il nero e bianco della creazione di Noah Baumbach

[rating=4] Uno spaccato di quel drammatico ottimismo che segna la contemporanea gioventù sta alla base della pellicola in bianco e nero del regista e sceneggiatore statunitense Noah Baumbach, insieme, per la sceneggiatura, alla protagonista Frances Ha, alias Greta Gerwig.

Sullo sfondo di una moderna New York si staglia la figura di Frances, una ragazza di 27 anni, aspirante ballerina, che condivide la casa con la sua migliore amica. Un’amica speciale che non tradirebbe mai, un legame affettivo che sembrerebbe quasi una storia d’amore dato che, in molte occasioni, rinuncia a se stessa pur di condividere il tempo con lei. Ma la catena di quest’apparente felicità di coppia si spezza quando Sophie [Mickey Sumner] si fidanza e va a vivere con Patch [Patrick Heusinger].

Frances deve reimpostare la sua vita, già precaria, seppur ingenuamente entusiasta e ottimista. Il suo sogno è quello di diventare ballerina e coreografa, anche se al momento è sempre tirocinante presso una scuola di danza. Tutti i progetti futuri legati a tale attività risultano fallimentari. Riesce a trovare un nuovo lavoro come cameriera ma anche questo non ha la durata che spera.

Frances Ha

Dal negativo, però, sembra uscire il positivo. Così, nel finale, quando tutto sembra presagire alla più imminente catastrofe, lavorativamente Frances si riscatta, divenendo la segretaria della scuola di danza dove ballava, rimanendo a stretto contatto con la sua passione. Nonostante tutte le peripezie e i consecutivi fallimenti della protagonista, in questa commedia drammatica in bianco e nero, non si abbandona mai l’entusiasmo per la vita.

L’unico tratto malinconico, angoscioso e angosciante è la figura di Sophie, quella migliore amica, sempre baciata da un’apparente fortuna lavorativa e sentimentale che, invece, è prigioniera di quel tunnel borghese grigio e deludente, di evidente appiattimento e avvilimento vitale.

L’esistenza di Frances, al contrario, è senza sosta, non ci sono fermate; non ha posto fisso, non ha trovato un posto dove si senta veramente a casa, è finanziariamente un disastro, è sentimentalmente infidanzabile, come la definisce più volte il suo amico Benji, è un’eterna adolescente la cui pseudo-stabilità viene meno al momento dell’improvviso abbandono di Sophie.

Una vera e propria commedia drammatica che offre allo spettatore uno spunto di riflessione su un vivo ritratto del mondo giovanile contemporaneo, fatto di paure e insicurezze, di fatiche e instabilità, di speranze e tradimenti, di ricerca di sé e di realizzazione dei propri sogni. Ma questo mondo va vissuto, non sono ammesse soste, non possiamo lasciare che passi sulle esistenze. Ed ecco che Frances, con la sua disarmante ingenuità, spesso buffa, goffa, inadeguata, riesce a convincere lo spettatore che è possibile farcela. E lo fa col suo ottimismo, dando vita ad un personaggio che, prima o poi, trova posto nel mondo, al di là di ciò che il destino abbia deciso per lei.

Noah Baumbach sceglie il bianco e nero per sottolineare con più forza il carattere atemporale della pellicola, il soggetto e l’argomento trattato: una commedia umana della New York contemporanea, collocabile in qualsiasi altro luogo e spazio del pianeta a cavallo del XX e XXI secolo, calata nelle giovani generazioni che, dagli anni ’90, vagano per il mondo alla ricerca di una meta che, molto spesso, rimane loro ignota o irrealizzabile, al di là delle loro volontà.

Il titolo del film si chiarirà solo alla fine, denunciando ancora una volta la drammatica non-identità, il mancato raggiungimento di una certezza, la paura di non sapere chi siamo veramente unita ad un effimero riscatto di pseudo-identità. Noah Baumbach, inserendosi nella scia della francese Nouvelle Vague alla maniera di Françis Truffaut, ci dà, anche in questa creazione del 2012, una visione reale della precarietà dell’esistenza post-moderna.

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