[rating=4] È approdata ieri al Teatro Fonderia Leopolda di Follonica, dopo il Teatro Stabile di Torino, la rilettura di Orfeo ed Euridice per la firma di Davide Iodice.
È una rilettura inedita del mito classico di Orfeo ed Euridice quella che ci offre Valeria Parrella nella novella a due voci “Assenza. Euridice e Orfeo”, affidata all’intensa regia di Davide Iodice e alla vibrante interpretazione del versatile Michele Riondino, volto noto de Il giovane Montalbano e della pluripremiata Federica Fracassi, che vanta collaborazioni con Bellocchio, Virzì e Salvatores.
I temi portanti sono l’assenza e la lontananza dei due sfortunati amanti e infatti quello che viene messo in scena fin da subito è il dolore incolmabile e devastante di Orfeo che lotta per svincolarsi dall’atroce vuoto. Lo stesso Riondino, presente all’incontro con il pubblico insieme agli altri interpreti al Circolo dei lettori di Torino il 16 marzo, ha offerto una chiave di lettura del suo personaggio. Orfeo è principalmente un artista, un musicista e attinge la sua arte da Euridice. Quindi la volontà di andare a riprendere l’amata nell’Ade è dettata soprattutto dall’egoismo, perché con lei e per lei riesce a creare. Attraverso l’esibizione del lutto e la sublimazione del dolore mette in scena sé stesso, in una interrotta cerimonia liturgica degna di un rito orfico. Ma già nel ribaltamento del titolo si intuisce la volontà della scrittrice-drammaturga di discostarsi dalla versione tradizionale e di offrire ad Euridice un ruolo diverso da quello attribuitole da Virgilio e Ovidio.
La sua Euridice ha un ruolo molto attivo e vitale. Seppur presentata già morta fin dall’inizio dello spettacolo, è il personaggio più fisico e concreto tra i due, traboccante di vita nella luminosa veste bianca da ninfa. È lei stessa ad invitare Orfeo a girarsi per accettare e superare il lutto, per riconoscere le cose per quello che sono e tornare a vivere e ad amare. Così Euridice è motivo di dolore ma anche di rinascita, di una nuova consapevolezza di sé e del mondo per Orfeo che viene incoraggiato ad innamorarsi della vita tutta, nelle sue infinite manifestazioni.
L’intensa liricità della parola e della recitazione dei due protagonisti è sapientemente accompagnata da una scenofonia molto presente e struggente. Guido Sodo, musicista e autore delle musiche originali e Eleonora Montagnana, violinista e corista, sono costantemente in scena per tutta la durata dello spettacolo e fanno da suggestivo ed evocativo contrappunto all’alternarsi continuo di luci e ombre, vita e morte, magistralmente orchestrato dallo scenografo Tiziano Fario. Sodo ha spiegato come la musica a tratti orientale dell’oud, antenato di tutti gli strumenti a corda, sia stata funzionale a ricreare quell’effetto di straniamento che si percepisce nell’incrocio di mito e contemporaneità che attraversa l’originale reinterpretazione di questo classico del teatro.