[rating=4] “Grandi opere per piccoli” è il progetto che ormai da mesi porta alla Scala centinaia di giovanissimi spettatori per assistere alla Cenerentola di Rossini, ridotta e rivisitata per facilitare l’ascolto e l’attenzione di un pubblico principiante.
Il successo è clamoroso, e desta senza dubbio commozione vedere la sala del Piermarini colma di bambini e bambine rumorosi e giocosi, che s’incantano come per magia (tranne i più vivaci) alle prime note d’orchestra, che ascoltano con entusiasmo le arie e i recitativi, e che si lasciano rapire dal fascino impeccabile dell’opera, quasi senza fiatare. Bambini divertenti, che infestano i foyer, i palchetti, la platea con i loro schiamazzi ingenui, e che si potrebbero pensare forse fuori luogo nel “tempio della musica”, ma che al contrario donano al Teatro alla Scala un senso nuovo, rinato, vitale.
Lo spettacolo in scena al Piermarini ha avuto i natali in Austria, su commissione del Festival di Salisburgo, ente col quale il sovrintendente Pereira ha stretto un’inossidabile relazione. La riduzione dell’originale rossiniano in uno spettacolo in due atti da mezzora ciascuno è del musicista e arrangiatore Alexander Krampe. La nuova orchestrazione utilizza un organico di massimo una ventina di elementi, con numerosi tagli di scene, recitativi, arie e numeri musicali, e ricuce le partiture originarie con frasi e passaggi di raccordo scritti dallo stesso Krampe. Sparisce del tutto il coro e non ci sono ripetizioni di temi e di parole, oltre lo stretto necessario. In luogo dei recitativi i personaggi dialogano in prosa.
L’adattamento è certamente geniale e divertente, di sicuro effetto, tuttavia alcuni passaggi di raccordo suonano troppo “moderni” per aggiustarsi completamente con le parti rossiniane e l’ascoltatore attento non può non notarli con un certo fastidio. Indubbiamente alcuna domanda in merito potrebbe mai porsi il pubblico cui lo spettacolo è destinato. Il libretto è stato rimaneggiato dal drammaturgo Ulrich Peter, in tedesco nella versione salisburghese, mentre alla Scala riprende le originali parole di Jacopo Ferretti, eccetto che nei nuovi dialoghi.
Di Ulrich Peter è anche la regia, con le scene di Luigi Perego e i costumi di Dorothea Nicolai. Un allestimento favoloso ma essenziale, semplice e suggestivo, di facile impatto e dalle dimensioni davvero ridotte. Alla Scala non è stato necessario sollevare il sipario: lo spettacolo si è svolto tra il proscenio e la buca d’orchestra, coperta per metà. A dominare la scena, delle pareti girevoli unite tra loro e decorate da un lato con semplici interni domestici, a loro volta con specchi e lampadari neoclassici estraibili, e dall’altro con pareti vegetali. I costumi sono ugualmente realistici, uniche note di modernità gli oggetti disseminati sul palco e utilizzati da Cenerentola e dagli atri personaggi. Ad aggiungere comicità l’onnipresenza di ombrelli, giustificati dai due temporali raccontati durante la storia, e disposti un po’ ovunque, chiusi ed aperti.
Rispetto all’opera del 1817 la trama ne risulta ovviamente modificata, le differenze principali sono la scomparsa d’intere scene, come quella del mendicante e quella delle cantine reali, la trasformazione del precettore Alidoro in uccello magico e la sostituzione del braccialetto di Cenerentola in scarpetta. Il senso della storia resta tuttavia lo stesso, che nonostante le infinite varianti (dalla fiaba di Perrault a quella dei fratelli Grimm, dall’opera di Rossini al film d’animazione di Disney) racconta con uguale morale la storia di una giovane orfana maltrattata dal genitore adottivo e dalle sorellastre e che per un caso della sorte incontra l’amore disinteressato del principe azzurro, incontrato ad un gran ballo da cui deve però congedarsi allo scoccare della mezzanotte. Ritroverà il principe grazie alle ricerche di costui legate ad un oggetto che Cenerentola aveva lasciato a palazzo fuggendo dal ballo. Una storia di sogni, di prepotenze, di riscatto e di perdono, in cui l’indole buona e generosa, mai veramente sottomessa, è infine premiata dalla sorte.
A riassumere in breve i fatti è un personaggio aggiunto, Rossini, impersonato da un attore che prima dei due atti cattura l’attenzione del pubblico spiegando i passaggi più controversi della vicenda e raccontando alcuni simpatici aneddoti. Il personaggio di Rossini si rende necessario, giacché nelle opere le parole non sempre sono perfettamente distinguibili e che le arie sono cantate su un libretto di duecento anni fa: i bambini devono poter godere lo spettacolo senza una preparazione pregressa. Nella recita del 12 aprile il ruolo è stato interpretato da Michele Nani, che si alterna con l’attore Antonio Albanese.
Nani si è comportato in maniera del tutto professionale, eccezionalmente bravo per la funzione che è stato chiamato a svolgere. Recitazione naturale ed espressiva, da attore consumato: i ragazzini ne sono rimasti estasiati. Peccato per l’ampiezza della sala, non adatta alla prosa, e che, nonostante l’ottima acustica, richiede voce alta e impostata, diversamente dalla normale recitazione.
Ottima l’orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala, diretta dal maestro Pietro Mianiti. Il direttore è riuscito a trasmettere il brio e il pathos dell’originale rossiniano disponendo di una partitura per certi versi inedita e di un’orchestra da camera.
Straordinari gli interpreti. Bravo il basso Giovanni Romeo, nei panni di Don Magnifico, patrigno di Cenerentola, con una bella voce sempre piena e intonata e una verve teatrale davvero spiccata. Meno entusiasmante Davide Giangregorio, nei panni di Alidoro, una parte certamente mortificata da Krampe, cui il basso, travestito da uccello parlante, non è riuscito a dare carattere né con la voce né con la recitazione.
Simpatico e bravissimo il basso Petro Ostapenko, il cameriere Dandini, che nonostante l’inflessione slava ha fornito prova di una voce eccellente e di spiccate doti recitative. Ottimo anche Carlos Cardoso, tenore, nei panni del principe Don Ramiro, anch’egli viziato dall’accento natio ma eccellente nella parte. Voce squillante e calorosa, con soltanto qualche minima sbavatura d’intonazione e forse una recitazione un po’ affettata.
Eccezionali le tre parti femminili: Shin Je Celeste Bang e Sofia Mchedlishvili nei ruoli rispettivamente di Tisbe e Clorinda, sorellastre di Cenerentola, interpretata dalla contralto Aya Wakizono. La soprano Mchedlishvili, che abbiamo appena elogiato in Carmen nella parte di Mercedes, si è rivelata ancora eccellente. La sua splendida voce è destinata a grandi traguardi e non le mancano evidenti doti di recitazione ed espressività. Ugualmente brava, e simpatica, la mezzosoprano Bang, che ha cantato con voce impeccabile e recitato con piglio vivace, per un’esibizione di qualità.
Decisamente entusiasmante Aya Wakizono, magnifica sotto ogni aspetto. Voce sempre piena e calda, chiarissima e con dizione perfetta. Ha cantato con trasporto e intensità e recitato la parte con profonda espressività. Il pubblico ne è rimasto ammaliato.
Al termine dello spettacolo, dopo gli applausi scroscianti dei giovani spettatori e degli accompagnatori adulti, tutti gli interpreti hanno concesso autografi e fotografie nel foyer d’ingresso, per la gioia dei bambini, giunti con straordinaria attenzione fino alla fine dei due atti.
Non possiamo non auspicare che il progetto della Scala rivolto ai giovanissimi possa proseguire con ulteriori e nuove produzioni e che questo tipo di sperimentazioni coinvolga altri teatri, in tutta Italia, Paese che ha così tanto bisogno di musica di qualità ad ogni livello, per ogni età.