Home Lirica Gli “eterei” filtri d’amore nel Tristan und Isolde di Wagner ad aprire...

Gli “eterei” filtri d’amore nel Tristan und Isolde di Wagner ad aprire la stagione lirica 2016/2017 romana

Fino all’11 dicembre è in scena al Teatro dell’Opera per la regia di Pierre Audi.

www.operaroma.it

Quinte, vele, paratie o piuttosto imponenti pannelli in un tutto etereo aprono la scena a un marinaio e alla principessa Isolde, figlia del re d’Irlanda, sul ponte della nave, rabbiosa contro Tristan, colpevole di aver ucciso  il cavaliere Morold, promesso sposo della principessa Isolde. Confusamente innamorata di lui,  per averlo soccorso, quando sotto mentite vesti quelle di Tantris,  guerriero misterioso ferito, riuscì a scampare alla vendetta ferale di lei grazie a un inequivocabile incontro di sguardi tra i due. Sul punto di uccidersi per rimediare all’affronto,  mettendo da parte il sentimento, Isotta lo racconta alla sua ancella Brangania.

ANSA.it
ANSA.it

Bella la voce del Rachel Nicholls, nei panni di Isolde, tutto temperamento ma con una nitidezza aerea che contraltare fa al potente e vocalmente intenso tenore austriaco Andreas Schager, nei panni di Tristan, di provata esperienza Wagneriana, giunto vincitore con il trofeo di portarla in sposa al Re di Cornovaglia, il basso John Relyea in alternanza con Andreas Hörl, Re Marke, come pegno di riconciliazione tra i due paesi. Il suicidio è affidato al filtro velenoso offerto a mo’ di brindisi, pacificatore e vendicativo nel contempo, al nemico amatissimo, preparato dal mezzosoprano Michelle Breedt (Brangäne) grazie alle arti magiche che ella aveva ereditato dalla madre. Ma questa incapace ad arrecare morte alla sua padrona sostituisce il filtro da venefico, in amoroso.

Un monocromatico grigio/celestino lapidario è il leit-motiv dei costumi curati da Christof Hetzer,  stesso autore delle scene in questa edizione romana, basata molto più sul carattere liberatorio della morte,  piuttosto che sulla storia d’amore funanmbolica  dei due protagonisti, più che sul fuoco amoroso che anima Tristano e Isotta. Un allestimento quello di Pierre Audi, raffinato, talora troppo, affidato alle luci di Jean Kalman, all’etereo circostante, all’atmosfera, alla realtà e contestualmente alla metafisica, in bilico tra sogno e fantasia e mai distinti piuttosto che sulla dialettica dei sentimenti.

L’universo marino è il circostante delle scene; la carenatura di una nave, l’anima, e non mancano ossi di balena pietrificati, rocce, freddo. Uno spazio astratto, dove l’eros, fulcro di tutta l’opera, non si trasforma mai in sogno e sublimazione dello sguardo dello spettatore oltre il freddo calcolo che emerge tra le righe della stesura drammaturgica dell’opera rappresentata. Vince il dolore e le assurdità della vita.

Melot, intepretato dal tenore Andrew Rees, infido amico di Tristano e segretamente innamorato di Isotta, ha organizzato la caccia come trappola per allontanare Re Marke e sorprendere poi i due amanti clandestini. Nel meglio del rapimento amoroso egli irrompe sulla scena accompagnato da Re Marke, e dal suo seguito. Tristano nel pieno dell’offesa di tradimento a quegli, non risponde e invita Isotta a seguirlo nel regno della notte; ne scaturisce un duello con il cortigiano appunto. al quale folle d’amore offrirà il suo petto.

Il poema cavalleresco di Goffredo di Strasburgo e l’opera anglo-normanna di Thomas, reinterpreta le tematiche della colpa, della redenzione e del desiderio e culmina con Tristano morente che animato da passione insopprimibile resiste aspettando torni Isolde. Al suo arrivo muore e il Re sopraggiunto anch’egli ormai conscio del filtro e del suo inganno vira al perdono dei due, il suo atteggiamento. Isolde rimasta sola desidera unicamente ritrovare il suo Tristan e canta, oramai già in un sublime altrove, ”nell’ondeggiante marea, nell’immenso fragore, nella palpitante pienezza del respiro del mondo, naufragare, annegare, inconsapevole, estrema estasi”.

La musica suggellata da una direzione orchestrale impeccabile Daniele Gatti, riconosciuto tra i migliori interpreti wagneriani italiani, diventa un‘occasione preziosa,  per garantire al Teatro dell’Opera di Roma, quel prestigio necessario per assurgere con tale rappresentazione a moderno teatro europeo maggiormente attento  per gli invitati alla prima rappresentazione, quelli che di solito non frequentano l’opera lirica e che in questo caso vengono catapultati nella melodia infinita wagneriana.

Uno spettacolo essenziale basato sulla recitazione dei cantanti e sulle geometrie create in scena dai personaggi. Un po’ freddo, ma ha comunque avvinto il pubblico, per ben cinque ore e mezzo tra spettacolo e intervalli fino all’applauso lunghissimo e entusiastico, in particolare per il direttore e gli interpreti protagonisti.

 

Exit mobile version
X