
Dopo il debutto al Teatro Goldoni di Livorno, è approdata anche al Verdi di Pisa sabato 11 febbraio il nuovo frutto del Progetto LTL Opera Studio 2011, ovvero L’opera da tre soldi , che riprende la versione italiana di Giorgio Strehler, sotto la regia del regista irlandese David Haughton.
L’opera, capolavoro del teatro musicale del Novecento storico, nasce dalla felice collaborazione tra due artisti di spicco del secolo scorso, ovvero il grande drammaturgo tedesco Bertolt Brecht e il compositore Kurt Weill, ed ha il suo trionfale battesimo al Theater am Schiffbauerdamm di Berlino il 13 ottobre del 1928.
Ispirata alla ballad opera settecentesca di grande successo del drammaturgo inglese John Gay ed il musicista John Pepusch, The Beggar’s Opera , la versione Brecht-Weill ne preserva la tagliente satira, designandosi come Zeitoper , ovvero teatro musicale imbevuto di lucida e provocatoria denuncia sociale, i cui contenuti si presentano tutt’oggi di scottante attualità. Parodiando l’opera lirica per eccellenza, a metà strada tra l’operetta ed il teatro di prosa, il satirico lavoro utilizza efficacemente il linguaggio della musica classica in una sagace commistione di cabaret, jazz e musica da ballo contemporanea agli autori, con un’ambientazione invece antecedente, ovvero legata al 1838, anno dell’incoronazione della Regina Vittoria. Caratteristica dell’opera è la rottura completa della quarta parete teatrale, dettata dal Verfremdungseffekt , quell’alienante straniamento tipico del teatro epico brechtiano, che nel punto di massimo trasporto emotivo ed empatico tra attore e pubblico, ricorda drasticamente trattarsi di una mera rappresentazione, per quindi invitare lo spettatore a riflettere sulla corruzione e sull’ipocrisia della società. Ecco allora che i pezzi chiusi che interrompono periodicamente il dialogo parlato si fanno “musica gestuale” perché è importante che “chi indica sia indicato”, mentre l’orchestrazione si fa acida ed invadente.
Efficace ed economica la scenografia d’impronta virtuale inserita nella contemporanea e frizzante regia di Haughton: le videoproiezioni, realizzate dagli allievi del Corso “Scenografie informatiche e multimediali per il teatro lirico”, coordinato da Giacomo Verde e inserito nel progetto “Opera Futura”, ricreano efficacemente i cartelli stranianti brechtiani, con l’aggiunta però di allusive immagini didascaliche che cadono nel ridondante e retorico.
Nel cast, tutto di giovanissime leve ancora un po’ acerbe selezionate da audizioni e vari stages preparatori che si sono svolti nelle sedi dei teatri coproduttori, spiccano per buone capacità timbriche e doti attoriali (indispensabili in un’opera di questo calibro) i coniugi Peachum, ovvero Giovanni di Mare ed Elisa Barbero, che gestiscono discretamente i difficili passaggi dalla voce impostata del canto lirico al cantato popolare e parlato, restituendo una significativa espressività.
Esecuzione acida e di rottura al punto giusto per l’ Orchestra della Toscana diretta da Nathalie Marin , giovane direttore francese, fra le poche donne “bacchette direttoriali”, apprezzata interprete del repertorio sinfonico operistico del Novecento storico e della musica contemporanea, attuale direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale di Quito (Ecuador).
Pubblico abbastanza soddisfatto, anche solo per la possibilità di poter canticchiare songs tanto apprezzate e per la proiezione in un ambito di critica riflessione di un passato tanto vicino all’oggi; non sono comunque mancati non velati fischi dai palchetti.