Home Lirica L’evocativo Falstaff firmato Robert Carsen

L’evocativo Falstaff firmato Robert Carsen

[rating=5] Torna al Piermarini il Falstaff firmato Robert Carsen del 2013. Un allestimento senza dubbio riuscito, semplice ed evocativo.

L’opera di Giuseppe Verdi del 1893, l’ultima del maestro di Busseto che la vide sulle scene ormai più che ottantenne, è ancora oggi un enigma irrisolto. Senza dubbio buffa e comica, eppure densa di note struggenti, di echi sentimentali e di una generale patina di malinconia, è tra le più rappresentate alla Scala e nel mondo. Certo è che Verdi volle congedarsi dalla scena operistica mondiale proprio con il Falstaff, dopo una carriera di melodrammi, tragedie e opere serie aperta con “Oberto conte di San Bonifacio” e chiusa da “Otello”. La sua corrispondenza con Ricordi non lascia dubbi, inviando il manoscritto all’editore Verdi chiosò: “Le ultime note del Falstaff. Tutto è finito! Va, va vecchio John… Cammina per la tua via, finché tu puoi… Divertente tipo di briccone; eternamente vero, sotto maschere diverse, in ogni tempo, in ogni luogo! Va… Va… Cammina cammina… Addio!!!

L’ispirazione venne dal racconto shakespeariano “Le allegre comari di Windsor”, oltre che dall’”Enrico IV” e dall’”Enrico V” sempre del drammaturgo inglese. Il librettista Arrigo Boito, in stretta collaborazione con Verdi, costruì una commedia raffinata nelle fonti, nelle citazioni e nel lessico, quasi riproponendo in musica un Don Chisciotte o una novella di Boccaccio.

Falstaff firmato Robert Carsen

Proprio Giovanni Boccaccio è continuamente evocato sia dagli espedienti comici, che già erano stati ripresi da William Shakespeare, sia in versi nella romanza di Fenton che cita testualmente “bocca baciata non perde ventura anzi rinnova come fa la luna”, rileggendo in parodia edificante un episodio tra i più dissacranti del Decameron. Una trama ed una musica che mirano al sorriso, piuttosto che al riso, poetica cui la regia di Carsen si è magistralmente adeguata.

Robert Carsen ambienta Falstaff nell’Inghilterra anni ’50. Le scene di Paul Steinberg si adattano perfettamente alle esigenze teatrali attraverso la disposizione di tre grandi pannelli lignei a cassettoni – eccetto per il secondo atto che vede una riproduzione fedele di una cucina signorile d’epoca – entro i quali di volta in volta si allestisce la stanza di Falstaff, una sala da pranzo, una sala da lettura, una scuderia e la grande tavolata del finale. Precisi e cinematografici i dettagli del mobilio e degli attrezzi di scena, nonché delle cibarie costantemente abbondanti sul palco.

Ottimi i costumi di Brigitte Reiffenstuel, raffinati e affascinanti, volutamente rétro nonostante l’ambientazione anni ’50, in cui la convivenza tra spirito cavalleresco e spirito borghese si rivela sotto le livree rosse da equitazione che dominano le ultime scene. Interessante la scelta di mostrarci Falstaff quasi sempre in biancheria sudicia, pronto a rivestirsi con eleganti cappotti o uniformi, come a sottolineare la tensione tra sogni e realtà del cavaliere decadente.

La trama di Falstaff non è perfettamente lineare. Sir John Falstaff, un obeso sfaccendato e buongustaio, rinomato spaccone e amante de gentil sesso, alloggia presso la Locanda della Giarrettiera ed è intenzionato a sedurre le belle Meg Page e Alice Ford. I suoi bagordi sono assistiti da due nullafacenti, Bardolfo e Pistola, prontissimi a tradirlo.

Mrs Page e Mrs Ford, insieme alle amiche Mrs Quickly e Nannetta, ricevono le lettere galanti di Sir John e si accorgono che sono identiche. Sentendosi beffate ordiscono la vendetta. Nel frattempo Mr Ford, marito di Alice, viene avvisato da Bardolfo e Pistola del tentativo di seduzione di Falstaff ai danni della moglie. Nel frattempo veniamo a conoscenza dell’amore tra Nannetta, figlia dei Ford, e il giovane Mr Fenton, ostacolato dalla promessa di matrimonio tra la ragazza e l’anziano Dottor Cajus.

Mirs Quickly invita Falstaff a casa di Alice, fingendo che si questa che Meg abbiano ceduto alle sue lusinghe, e gli indica l’orario in cui dovrà compiersi l’appuntamento proibito: “dalle due alle tre”.

Anche Mr Ford, corroso dalla gelosia, sotto le mentite spoglie di “signor Fontana” e con l’aiuto di Pistola e Bardolfo, giunge da Falstaff e gli chiede di conquistare Alice Ford per suo conto. Egli è infatti segretamente innamorato di lei ma incorrisposto a causa della morigeratezza della donna e della gelosia di suo marito: se Falstaff riuscirà ad espugnarle il cuore ella cederà poi anche a Fontana. Falstaff inorgoglito, è stuzzicato dalla ricompensa offerta dallo sconosciuto, confida a Fontana di essere già a buon punto, non solo Alice lo corrisponde, ma gli è anche stato rivelato l’orario in cui suo marito è fuori casa. Mr Ford è acciecato dalla gelosia.

Giunge a casa di Alice il nostro Falstaff e la donna finge d’essersi finalmente innamorata. Accorre Meg, informando dell’arrivo di Mr Ford, secondo i piani della burla. Ma il marito di Alice sta veramente sopraggiungendo e Mrs Quickly irrompe per informare le amiche. Le tre nascondono Falstaff prima dietro un paravento e poi in una cesta da bucato. Giunge Mr Ford, con lo stuolo di amici e servitori, per stanare Falstaff, ma i continui cambi di nascondiglio impediscono di trovarlo. Quando gli uomini se ne escono affranti, e l’unica tresca svelata è stata quella tra Mr Fenton e Nannetta, con grande disappunto di Mr Ford e Dottor Cajus, le tre donne fanno gettare la cesta da bucato, con dentro il povero Falstaff, nel Tamigi. Alice confida la burla al marito, che si ravvede della sua gelosia.

Falstaff, intirizzito e infreddolito, sta maledicendo le donne e il mondo quando sopraggiunge Mrs Quickly a proporgli un altro appuntamento, a mezzanotte nella foresta reale, presso una quercia alla quale il cavaliere dovrà sopraggiungere travestito con due grandi corna di cervo. Alice sta ascoltando in disparte e da gli ordini alla combriccola per questa ennesima burla: ogni personaggio sarà travestito da fata, elfo o spiritello e insieme spaventeranno tremendamente il malcapitato Falstaff. Mr Ford e il Dottor Cajus intendono approfittare della confusione della mascherata per celebrare le nozze tra il vecchio dottore e Nannetta. Ma Mrs Quickly è riuscita a cogliere le parole tra i due uomini e insieme alle altre donne ordisce la beffa nella beffa.

Nel buio di mezzanotte Falstaff si aggira travestito da cervo. Le parole di Mrs Ford, che racconta di una falsa leggenda tragica avvenuta negli stessi paraggi, sommate al sopraggiungere di Meg che avvisa i due dell’apparizione di fantasmi malvagi, lo atterriscono. Mentre le donne corrono a travestirsi e a richiamare gli amici, Falstaff si finge tramortito a terra, piangendo la sua sorte e invocando la pietà degli spiriti. I mascherati circondano Falstaff, lo insultano, ne pretendono una dichiarazione di pentimento, e lo punzecchiano fino allo sfinimento. Alla fine di questa tortura però, Falstaff riconosce Bardolfo e sventa la trama. Disvelato lo scherzo, a Mr Ford non resta che sposare la sua Nannetta col Dottor Cajus, ma le donne avevano fatto cambiare i travestimenti a sua insaputa, ed è così che a promettere fedeltà al vecchio dottore altri non è che Bardolfo travestito da fata! Ford riconosce la sua colpa e accetta infine di sposare la figlia con il suo vero amore, Mr Fenton.

Mentre le tre donne, Mrs Alice, Mrs Meg e Mrs Quickly rinfacciano la beffa a Falstaff, Ford e Cajus, esplode l’ilarità generale. Falstaff rivendica il suo ruolo di musa ispiratrice per le farse ordite ai suoi danni e sentenzia, antifonato da tutti gli altri: “Tutto nel mondo è burla. L’uom è nato burlone, la fede in cor gli ciurla, gli ciurla la ragione. Tutti gabbati! Irride l’un l’altro ogni mortal. Ma ride ben chi ride la risata final.”.

Sul podio il maestro Daniele Gatti, che dirige senza spartito nel suo consueto stile morbido e pacato, rilassato. La disposizione sinfonica dell’orchestra tradisce l’intenzione del direttore di mostrarci il Verdi intimo e discorsivo piuttosto che quello più popolare dinamico e scoppiettante.

Ottima l’interpretazione di tutto il cast. Molto bene Nicola Alaimo, nei panni del protagonista, che non solo regge il paragone con Ambrogio Maestri, negli stessi panni due anni fa, ma sorprende per le qualità vocali e recitative. Espressivo al massimo grado e sempre preciso, un baritono dalle doti sceniche e musicali davvero eccezionali: un Falstaff senza dubbio convincente.

Tornano ad essere interpretati dagli stessi cantanti del 2013 Mr Ford, Massimo Cavalletti, Mr Fenton, Francesco Demuro e Mrs Meg, Laura Polverelli.

Un Mr Ford senza dubbio azzeccato e di nuona espressività, eppure non così incisivo come avrebbe potuto essere l’ormai esperto baritono Massimo Cavalletti. Senza dubbio ugualmente bravo Francesco Demuro, tenore di altissima capacità espressiva, lirico nella sua interpretazione. Meno entusiasmante Laura Polverelli, mezzosoprano, che non riesce ad imporsi sulla scena.

Ottima l’Alice Ford di Eva Mei, soprano dalla tessitura ampia e squillante, di ottime prestazioni tecniche ed espressive. Forse non azzeccata per il ruolo, ma senza dubbio celestiale nell’interpretazione.

Molto a suo agio nel personaggio Marie-Nicole Lemieux, contralto vivace ed espressiva nei panni di una divertente ed esuberante Mrs Quickly. Angelica per voce e presenza scenica la bella e giovane Eva Liebau, Nannetta, un ruolo solitamente secondario che la soprano è però riuscita a far emergere in tutta la sua simbolicità.

Un poco deludente il Dottor Cajus di Carlo Bosi, del tutto assente, nonostante l’esperienza nel ruolo. Meglio di due scapestrati Pistola e Bardolfo, rispettivamente il basso Giovanni Battista Parodi e il tenore Patrizio Saudelli, bravi cantanti e simpatici attori.

Come al solito impeccabile l’esibizione del coro sotto la guida del maestro Bruno Casoni.

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