Tutto bianco e una miniatura di Basilica sulla scena; le panche dei fedeli e siamo in Sant’Andrea della Valle. Angelotti, bonapartista è evaso dalla prigione di Castel Sant’Angelo e si è rifugiato qui. L’amico e cavaliere Mario Cavaradossi, più Pinkerton che pittore, in blazer blu e pantaloni bianchi, è ivi, alle prese con il ritratto della marchesa Attavanti, lo spalleggia e insieme preparano la fuga. All’arrivo dell’amante Floria Tosca lo protegge; una cappella gli fa da nascondiglio. In bianco lei, la potente voce di Tatiana Serjan, un abitino con scarpette e scialle rosso, molto “Grease” intreccia giochi amorosi e cavatine di gelosie con il suo bello, in stile più fine anni ’70 che ‘800. All’arrivo del Barone Scarpia che è in cerca dell’evaso la scena si riempie di cardinali, coristi chierichetti ragazzini e un alto prelato.
Il coltello della tavola conficcato in seno al barone è la chiusura della scena se non dopo aver estorto, dalle sue parole, una fucilazione a salve per il suo amante “Come avvenne del Palmieri!”, procace ed avvenente lei nel suo “Vissi d’arte, vissi d’amore…”.
E’ l’opera romana per antonomasia. Si squarcia la cupola della basilica e la nostra Tosca ci si butta e precipita. Qualcuno del pubblico ha chiesto: “Ma Castel Sant’Angelo?!” Peccato i costumi, le scene fredde e una regia un po’ troppo didascalica comunque di Pier Luigi Pizzi, ma gli applausi per i cantanti non mancano l’obbiettivo musicale, forse un po’ troppo commerciale perseguito. Davvero bravi gli interpreti canori, avvincente davvero per una serata all’insegna della musica di qualità. Tanto pubblico anche straniero e un clima piacevole hanno fatto atmosfera a un favoloso Puccini senza tempo.