
Al Maggio Musicale Fiorentino è andata in scena la rivisitazione di un classico del balletto, per una affascinante ed emblematica rilettura contemporanea di Paul Chalmer: Il Lago dei Cigni, ovvero Lo scandalo Cajkovskij, dal 1 al 5 giugno al Teatro Comunale nell’ambito del 74° Festival del Maggio Musicale Fiorentino, con le scene di Italo Grassi, le luci di Valerio Tiberi, le proiezioni di Sergio Metalli ed i costumi di Giulia Bonaldi.
Tale rivisitazione si colloca in una vera e propria tradizione che prende corpo fin dal 1911, quando Sergej Diaghilev scelse di presentare al pubblico londinese una radicale revisione delle splendide pagine coreografiche di Cajkovskij, per porre al centro della drammaturgia il Principe e la sua mistica e inquieta ricerca dell’amore ideale, incarnato nella Principessa Cigno: valori universali che già impregnavano le pagine cajkovskijane. E la tradizione continua ad arricchirsi nel Novecento, con l’originale contributo di John Cranko che caratterizza ancor più psicologicamente il naturalismo poetico del Principe e la sua anima anelante, per poi ridefinirsi drasticamente nell’operaIllusionen wie Schwanesee del 1976 di John Neumeier per l’Hamburg Ballet, dove il fantastico viene a legarsi con la reale vicenda di Ludwig di Baviera, sovrano mecenate di Wagner, in rimandi complessi e simbolici. Si giunge quindi all’interpretazione psicanalitica e freudiana di Mats Ek, per infine toccare nel 1995 tutta la dissacrazione di Swan Lake di Matthew Bourne.
La pratica della revisione ha dunque lunga memoria, ed è in questa prospettiva che va ad agire Paul Chalmer che con quest’opera sembra proseguire il fil rouge di quel naturalismo elegiaco avviato dal suo maestro John Cranko. Ecco allora che protagonista si fa lo stesso Cajkovskij e la sua tormentata vita omoerotica “segreta”, in un gioco di echi e richiami tra la sublimità dell’essere puro, rappresentato dal cigno bianco e dal nipote Vladimir Davydov, per cui il musicista sembra nutrisse forte attrazione, e la nefandezza del dramma interiore che si concretizza in quel complotto che secondo la studiosa Alexandra Orlova lo avrebbe portato alla morte per avvelenamento e non per colera. Un giallo dai richiami socratici che si nutre di mistiche visioni in lunghi flashback accompagnati dal fluire della materia che, riprendendo la filosofica riflessione degli antichi, fa sì che “tutto scorra” in un divenire che si trasforma.
Ottima l’interpretazione di Bruno Milo nei panni del tormentato Pëtr Il’ic Cajkovskij; perfetta la tecnica e la leggerezza di Alessandro Riga, étoile ospite residente,nei panni di Vladimir, nipote di Cajkovskij; affascinante anche l’esegesi del cigno della giovane ballerina Federica Maine, che ha egregiamente ricoperto per la prima volta il ruolo d’étoile. Meritano d’essere menzionate anche Sabrina Vitangeli, che interpreta Aleksandra Davydov,sorella diCajkovskij,e Paola Vismara nelle vesti di Visione di Antonina Miljukova, moglie di Cajkovskij.
Incisiva la concertazione e direzione di Nir Kabaretti che ha permesso di riascoltare alcuni brani presenti nella partitura originale (composta tra il 1875 e il 1876), ma sovente tagliati nelle coreografie tradizionali. Eccellente come sempre l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
Grande l’entusiasmo del pubblico, che ha elargito numerosi e caldi applausi a scena aperta.