Un ingresso nel 2024 in grande stile per il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino con la messa in scena del Peer Gynt in forma di concerto e, vera perla, con tre voci recitanti.
Le musiche di scena pensate dall’autore norvegese Edvard Grieg per il Peer Gynt, ovvero il poema in versi di Henrik Ibsen in cinque atti, sorta di picaresco romanzo di avventura, andato in scena per la prima volta nel 1876 a Christiania, l’odierna Oslo, rappresentano indiscutibilmente un chiaro esempio di quanto il linguaggio musicale possa diventare più celebre dello stesso testo teatrale che ne ha permesso la nascita. Come sottolineava il critico viennese di quegli anni Eduard Hanslick: “le musiche di Grieg a mio avviso posseggono molta più poesia e penetrazione drammatica della mostruosità in cinque atti concepita da Ibsen”. E la fortuna delle due Suites sinfoniche che il compositore norvegese trasse dalle stesse musiche di scena lo dimostra, merito senz’altro la complessità del monumentale testo teatrale di Ibsen.

Una vera chicca poter però ascoltare insieme alla travolgente musica di Grieg il testo di Ibsen, nella riduzione di Pier Paolo Pacini (già andata in scena al Filarmonico di Verona nel 2011), curatore anche dell’ultimo allestimento di Peer Gynt a Firenze nel 2002, che ne ha mantenuto tutta la sua poetica evocatività.
Una storia complessa e misteriosa, dalle tinte fantastiche, quasi metafora del mondo interiore del protagonista, moderno antieroe (anche se per L’interpretazione dei sogni dobbiamo ancora aspettare quasi due ventenni: Freud lo pubblicherà nel 1900, il Peer Gynt di Ibsen vede la luce nel 1867).
E quel visionario mondo onirico di Peer emerge con enfasi dalla struggente interpretazione di Sandro Lombardi, grande narratore, che ne sottolinea ansie, vanità, peccati, ora con quel vigore tutto giovanile, ora in una gravità più matura, per velarsi di una malinconia redentrice frutto della vecchiaia, stadi indissolubili della vita stessa. Ottima anche la doppia toccante interpretazione di Elena Ghiaurov nei panni delle due anime femminili care a Peer, Solvejg e la madre Aase, due volti di quello stesso eterno Femminino che, citando Goethe, guideranno verso l’alto l’anima tormentata di Peer nell’ultima estrema redenzione.
Infine il Mago, il Demiurgo, nell’interpretazione proteiforme di Annibale Pavone, che disegna con sapienza la moltitudine di personaggi ora maschili ora femminili che popolano il mondo avventuroso di Peer.
Potente la direzione del trentaseienne tedesco Nikolas Nägele che guida con energia l’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, regalandoci un’esecuzione impeccabile, che mette in luce sia l’anima nordica dell’opera, con richiami alla tradizione, al grottesco, come l’irruenza del secondo atto “Nell’antro del re della montagna” o il malinconico melodismo nordico del preludio iniziale con il flebile suono della viola sola ad evocare il violino norvegese detto ‘hardingfele’ nelle tradizionali danze di primavera, fino agli effluvi più romantici del terzo atto con il “Canto di Solvejg”, preannunciato già nel preludio orchestrale del I atto, dalla linea purissima, tenera e malinconica. Bella esecuzione anche per il soprano Aitana Sanz Perez, dalla voce limpida e penetrante, perfetta per il canto di Solvejg, e il mezzo-soprano Olha Smokolina, dal bel timbro ambrato nel ruolo di Anìtra, sedotta e abbandonata. Importante presenza anche quella del Coro, diretto da Lorenzo Fratini che presta anche le voci di Constanza Antunica, Nadia Pirazzini e Chiara Chisu per gli interventi delle tre mandriane.
Il nutrito pubblico ringrazia con applausi entusiastici.