Home Cinema Film da vedere Il Caravaggio: la perfezione inattesa del reale

Il Caravaggio: la perfezione inattesa del reale

[rating=3] Nella giornata di chiusura della 7ª edizione di France Odeon (domenica 1 novembre 2015, Cinema Odeon, ore 18:00), quest’anno dal taglio fortemente intimista, uno dei “cavalli” di battaglia della giornata è stato il film Le Caravage (2014, 70’) di Alain Cavalier il quale, già assistente di Louis Malle e Premio della Giuria a Cannes nel 1986 con il film Thérèse, è oggi uno dei documentaristi più puri e convincenti di cui la Francia disponga. Gran merito, quindi, va alla direzione del Festival per aver dato spazio alla sua opera.

Un film dal soggetto poetico e singolare.

La vita di un artista circense è dura: allenamenti continui e una ferrea disciplina. La soddisfazione arriverà con la magia dello spettacolo, nella dimensione senza tempo dell’arena, ma la strada per giungervi è lunga, faticosa, dolorosa. Cavalier segue da vicino questa routine, pedinando il protagonista con costanza e rispetto. Il Caravaggio schizza, punteggia la sabbia con gli zoccoli…

Sì, Caravaggio è un cavallo, un magnifico lusitano (razza di origine portoghese, si accetano smentite) che, da indomito giocherellone, si trasformerà in un raffinato performer, grazie all’addestramento di Bartabas, celebre per aver creato il Teatro Equestre Zingaro nel 1984 (oggi a Fort D’Aubervilliers) e, nel 2002,a Versailles, l’Académie Du Spectacle Equestre.

Le Caravage (2014, 70’) di Alain Cavalier

L’uomo e l’animale. Insieme nell’addestramento, insieme nell’arte. E un cavaliere senza destriero che osserva le loro evoluzioni da un angolo riposto: silenzioso e niente affatto invadente, li ritrae con tratto essenziale, purista, senza musica o voci di commento, con pochi e radi dialoghi e con l’unico ornamento del respiro reale dei corpi, del ritmo dei loro vitali movimenti. Attimi sospesi tra azione e contemplazione.

Bartabas è maestro esigente e severo, ma non manca di gratificare il suo allievo con coccole e carezze, dopo ogni lezione. L’animale ricambia con impegno, dedizione e incondizionato affetto.

È un ritratto delicato e attento, che ricorda le tre serie di Portraits, già presentati alla prima edizione di France Cinéma (il festival-madre di France Odeon, diretto fino al 2008 da Aldo Tassone).

La diversificazione dei piani, la dovizia di dettagli (zampe e occhi soprattutto), non sempre edificanti (è mostrata financo la privatissima toeletta dell’animale) e i movimenti di macchina che seguono gli spostamenti ferini, dipingono il carattere complesso e affascinante di un cavallo dotato di grande intelligenza e capacità comunicativa.

Caravaggio ne dà spesso prova: ad esempio, quando comunica a Bartabas il dolore che prova alla zampa destra (del cui processo di guarigione Cavalier documenta ogni istante); ma, ancor di più, nel rapporto che instaura con il regista e la macchina da presa. Due sguardi in camera, un’inaspettata dimostrazione di affetto ed ecco il suo contributo alle riprese: un’imprevista, accidentale dissolvenza in bianco! Unica nella storia del cinema, documentario e non. Il tocco di un genio del reale, un vero Caravaggio, sia esso cavallo o Cavalier(e).

Tornano in mente le parole di Philippe Ragel che, nella sua prima lezione sulla cinestasi (leggi la recensione), aveva affermato che “se ci si affida al reale”, dal reale arriverà qualcosa di inaspettato e unico, che nessuna scrittura potrà mai restituire. Si tratta solo di saper aspettare. La norma per un maestro documentarista come Cavalier.

Poi la routine dell’addestramento riprende. Lo spettacolo finale non viene mostrato, ma solamente evocato, mediante un ralenti rosso fuoco, dal sapore onirico. A noi resta quell’ultimo sbavo, casuale e biancastro, che dona al documentario la grazia della perfezione. Umido, allegro ricordo di un talentuoso e dolcissimo simpaticone!

Per gli amanti del reale l’avventura continua per tutta la 50 Giorni. Ci vediamo al cinema!

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