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Califano by Gassmann, buon sangue non mente

Prezioso esordio per il giovanissimo attore-musicista nei panni dell'iconico "Califfo"

Leo Gassman in "Califano" film tv Rai dedicato al cantautore romano.

Quando si fa un prodotto come questo, bisogna per forza parlarne. Innanzitutto per la scelta audace di raccontare un personaggio come Califano e non a caso scelgo questa parola. Il personaggio Califano infatti, specie nell’ultima parte della sua vita, ha come fagocitato l’artista che, soprattutto fra gli anni ’60 e ’70, ha fatto letteralmente la storia della musica italiana.

Vizi e virtù dopotutto hanno giocato a carte pari, lungo la parabola umana di questo paroliere magico, poeta romantico e maledetto, spesso vittima di questa stessa etichetta. L’idea di raccontarne la storia attraverso un film tv è già vincente, soprattutto perché è il viaggio di un eroe umanissimo, aspetto che non chiede giudizio (con Califano sarebbe perfino impietoso) ma solo riconoscimento. E nel “Califfo” il bravo Leo Gassman ci fa riconoscere, offrendoci una versione nient’affatto salvifica o santificata del Franco uomo, con le sue inquietudini e debolezze. Un uomo nato “in volo” sul cielo di Tripoli, durante un atterraggio di emergenza causato dalla sua stessa nascita, quasi predestinato a sconvolgere le altrui esistenze con la sua.

È un esordio folgorante, in cui Leo Gassmann mostra un talento interessante e prismatico, attraverso il quale già in questa prima performance è facile leggere un futuro brillante sul piccolo e magari anche grande schermo. La mimesi è totale o quasi, specie nella voce (signori e signore canta davvero lui plasmando il timbro su quello del Califfo!) che si tuffa nelle note più basse graffianti, gutturali, prepotenti che tanto abbiamo amato nella musicalità unica di Califano. L’ibridazione di dialetto e lingua poetica è stata nella vita del cantante unica e unica ce l’ha restituita Gassmann, con tinte chiaro-scure di sguardi e gesti che avrebbero potuto scivolare facilmente nel manierismo e invece no.

È un Califano autentico quello che ci regala questa bella scrittura televisiva di Isabella Aguilar e Guido Iuculano, tratta dal libro autobiografico Senza Manette, scritto a quattro mani da Califano con Pierluigi Diaco nel 2008. Fiction e realtà-nient’affatto-reality si sono date la mano nella sceneggiatura audace e puntuale al tempo stesso, accordandosi in maniera perfetta con la regia del talentuoso Alessandro Angelini, già pluripremiato dietro la macchina da presa. D’altro canto anche le penne “dietro” questo progetto non punte di diamante, la Aguilar ha firmato perle come Dieci inverni e The place solo per citarne due, mentre Iuculano ha scritto serie seguitissime come La legge di Lidia Poet e Romulus.

Una scena di Califano con Leo Gassmann.
Una scena di “Califano” con Leo Gassmann nei panni del cantautore romano.

A coronare questa triade di professionisti, Gassmann chiude il quartetto in bellezza, offrendo un’interpretazione che da scommessa si trasforma in promessa. Probabilmente lo vedremo ancora nel ruolo di attore, anzi è opportunissimo augurarselo, anche se forse i maligni diranno che il nome pesa più del merito. Invece no. La retorica spiccia dei figli d’arte messi a spintoni sui palchi qui non regge affatto, c’è della concretissima materia prima, elegante e misurata, che ha regalato al pubblico un prodotto di qualità. Buon sangue non mente è vero, ma senza dedizione e studio non serve proprio a un bel niente avere grandi maestri in famiglia.

Ad ogni modo, araldica artistica a parte, l’eroe non compie mai il viaggio in solitudine. Ecco allora una doverosa menzione ai comprimari: Angelo Donato Colombo nel ruolo del malavitoso Francis Turatello, Giampiero De Concilio, l’amico fidato, Jacopo Dragonetti nei panni di Vianello (fra l’altro anche molto somigliante), Angelica Cinquantini che interpreta Mita Medici, alias Patrizia Vistarini, ex compagna di Califano, Celeste Savino che invece è Rita, la prima moglie del cantautore, abbandonata dopo pochi mesi di matrimonio assieme alla figlia Silvia, Valeria Bono che ci regala una frizzante quanto fugace Ornella Vanoni. E poi ancora Bianca Ceravolo, Andrea Dugoni, Rosa Palasciano, Antonio Perna, Celeste Savino, Tiziano Scirè, Simone Spinazze.

Che bello questo Califano televisivo, che finalmente restituisce quella gloria sempre un po’ trattenuta a un artista che ha camminato spesso sul filo degli eccessi. Romano prestato alla pianura padana, ma sempre e per sempre un “core de borgata”. Autore, Cantante, Musicista, perfino talent scout, a lui si deve la nascita dei Ricchi e Poveri. Teatralissimo e mai banale, anche nella volgarità.

Erano e rimangono sue ballate struggenti come E la chiamano estate, La musica è finita, Minuetto e molte altre, che hanno impresso nella memoria collettiva brani indimenticabili portati al successo da artisti del calibro di Bruno Martino, Ornella Vanoni, Mina, Mia Martini, giusto per citarne alcuni. Abbracci di note che hanno accompagnato tutta la fiction con un risultato finale che stupisce anche l’occhio più scettico e pregiudizievole. Insomma chapeau a tutte le istanze creative che hanno reso possibile questa piccola perlina televisiva che ha incollato a Rai Uno oltre quattro milioni di spettatori (mica male)… Tutto il resto, ovviamente, è noia.

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