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Michael Douglas emoziona Taormina tra ricordi e riflessioni sul cinema e la politica

L’attore americano, due volte Premio Oscar, quattro volte Golden Globe, vincitore di un BAFTA e di un Emmy, è tornato a Taormina dopo 21 anni

È stato Michael Douglas ad aprire il 10 giugno in grande stile la 71ª edizione del Taormina Film Festival, confermandosi protagonista assoluto della giornata inaugurale. Nel pomeriggio al Palazzo dei Congressi di Taormina, davanti a studenti e giornalisti, l’attore – 80 anni portati con uno spirito invidiabile – in dialogo con la direttrice artistica Tiziana Rocca, ha ripercorso le tappe fondamentali della sua vita artistica e personale. L’attore hollywoodiano dopo aver regalato un racconto intimo e ricco di aneddoti, la sera è poi stato premiato con il prestigioso Taormina Excellence Award per la sua luminosa carriera sul palco del Teatro Antico. Dall’Oscar vinto per Wall Street al complicato rapporto con il padre Kirk, dalla lotta contro la malattia ai dietro le quinte di film cult come Basic Instinct, Douglas ha offerto uno sguardo sincero e appassionato sulla sua straordinaria carriera.

L’attore americano, due volte Premio Oscar, quattro volte Golden Globe, vincitore di un BAFTA e di un Emmy, è tornato a Taormina dopo 21 anni con la stessa eleganza sobria e il carisma che da sempre lo contraddistinguono.

Douglas ha parlato del peso della sua eredità familiare. Figlio dell’iconico Kirk Douglas, ha confessato di aver scelto di fare l’attore per affermare la propria identità, anche come forma di rivalsa. “Mi dicevano che gli somigliavo, ma io volevo dimostrare di essere altro. Quando vinsi l’Oscar per Wall Street, mi sentii finalmente fuori dall’ombra di mio padre,” ha confessato. “Fui accettato come attore. Mio padre era stato candidato tre volte ma non aveva mai vinto. Wall Street fu cruciale: mi diede la sicurezza di sapere che ce l’avevo fatta con le mie forze.”

La prima statuetta, però, Michael l’aveva già conquistata dietro le quinte, come produttore di Qualcuno volò sul nido del cuculo di Miloš Forman. Era il 1976, e lui un giovane alle prime armi. “All’epoca ero uno studente universitario, pensavo di diventare attore, non certo produttore. Ma quando lessi quel soggetto, di cui mio padre aveva acquistato i diritti, capii che meritava di essere portato sul grande schermo. Quel film ha cambiato la mia vita.” Il volto di Douglas divenne però noto in tutto il mondo grazie a un cattivo memorabile: Gordon Gekko, l’iconico protagonista di Wall Street. “Era corrotto, elegante, potente, un villain affascinante. Dopo il film, tutti mi facevano i complimenti, ma io ricordavo loro che era un cattivo. Eppure lo adoravano proprio per quello e ogni banchiere che incontravo mi diceva: ‘Tu sei il motivo per cui sono entrato a Wall Street’. Ma io interpretavo il cattivo!” racconta ridendo.

Indimenticabili restano poi ruoli come quelli ne La guerra dei RosesUn giorno di ordinaria follia e, naturalmente, Basic Instinct. A proposito della celebre scena con Sharon Stone, Douglas rivela: “La scena d’amore con Sharon Stone? La provammo per una settimana. Lei fu incredibilmente professionale. All’epoca non esistevano i coordinatori per le scene intime. Paul Verhoeven metteva subito le attrici davanti alla questione nudità. Ma Sharon fu fantastica. Quando vedemmo l’audizione, fu uno shock. Ce l’abbiamo fatta, mi disse.”

La chiacchierata si è fatta ancora più personale quando si è parlato del ruolo che gli ha permesso di rinascere: quello di Liberace nel film Behind the Candelabra di Steven Soderbergh. “Un ruolo molto importante perché dodici anni fa avevo un cancro al quarto stadio. Ho perso un paio di amici a causa dello stesso tipo di cancro che avevo io e non ero sicuro di farcela. Ma sono riuscito a superare il cancro in stadio 4. E poi mi è stato offerto Behind the Candelabra da Steven Soderbergh. Ero così emozionato, pensavo che non avrei mai più lavorato. Poi, all’improvviso, Steven venne da me e disse: “Sai, dovremo aspettare un anno. Ho un altro film da fare.” E anche Matt Damon disse: “Sai, ho un altro film da girare.” E io ero distrutto, perché pensavo che non si sarebbe mai fatto, che avrebbero girato altri film. La verità è che ero così felice già solo di essere vivo. Ero così magro e non sembravo affatto quello che loro volevano. Ho capito dopo che volevano darmi un altro anno per recuperare le forze e il peso.
Sarò sempre grato e mi emoziono a pensare a quanto siano stati gentili. Invece di dirmi che era un problema, si sono presi la responsabilità e hanno detto: “No, aspetteremo un anno. Girarlo fu meraviglioso,” continua con autentica gratitudine “e ammirai profondamente il coraggio di Matt Damon. Per un attore come lui, quel ruolo non era affatto scontato.”

Alla domanda sul suo colpo di fortuna più grande, Douglas ha risposto senza esitare con un sorriso: “Lessi su una rivista che a Catherine Zeta-Jones piacevano gli uomini più grandi. Mi dissi: ok, ho una chance!”

Non ha invece nascosto la sua delusione più profonda sull’operato di Trump. “Ha creato una narrativa tossica sugli immigrati. Mi vergogno, e mi scuso con i miei amici in Messico, Canada, Europa” e aggiunge “non possiamo continuare a investire in guerre e armamenti. È ridicolo. Tra l’altro, io sono nato sul finire della seconda guerra mondiale, nel 1944 e nonostante abbia attraversato momenti storici complessi, questo periodo storico sembra essere il peggiore di tutti.”

Oggi sono i suoi figli, Dylan e Carys, a voler intraprendere la carriera cinematografica. “Li stiamo seguendo da vicino. Ma oggi è ancora più difficile emergere, soprattutto per una donna. Non bisogna farsi abbagliare dai riflettori. Conta saper leggere un testo, non perdere tempo con copioni mediocri.” E poi riflette su come siano cambiati i casting: “Non so com’è qui in Italia, ma una volta avevamo gli agenti di casting, e andavi nel loro ufficio, incontravi il cast. Ora non c’è più nessun ufficio. Non c’è più un ufficio casting. Devi fare quello che si chiama “self-tape”, di solito con il tuo iPhone, devi registrarti da solo. Poi lo mandi e nessuno ti risponde. Non c’è nessun contatto personale ed è un mondo molto solitario. E a causa di tutti questi agenti di casting, hanno eliminato i loro uffici e lavorano solo con il loro iPad. Sai, mandi il video e basta, tutto tramite iPad.”
E sull’intelligenza artificiale, Douglas si mostra preoccupato. “Dopo quello che è successo con i social media, è difficile pensare che metteranno dei limiti. Durante una conferenza sulla tecnologia ho sentito questo: tra cinque anni non riconoscerete più il pianeta. È spaventoso.”

Il suo appello finale è accorato e toccante: “Spero che il cinema non diventi come l’opera o il balletto, riservato a pochi. Il cinema è stato il primo posto dove i ragazzi si incontravano, dove si sognava insieme. Lo streaming ci isola, il cinema è un’altra cosa.”

Michael Douglas si è poi concesso generosamente alla folla di fans per firmare autografi e scattare selfie; si è rivelato un uomo autentico, capace di raccontarsi senza filtri, e di regalare al pubblico non solo aneddoti, ma riflessioni profonde sul cinema e sulla vita.

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