[rating=5] La pellicola del capolavoro drammatico “Il Gattopardo” di Luchino Visconti festeggia i suoi 50 anni (1963-2013) con un restyling curato dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con The Film Foundation di Martin Scorsese.
Il lavoro viscontiano è tratto dall’omonima opera letteraria di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e pone al centro della scena il conflitto tra l’ormai decadente classe aristocratica e la nascente borghesia. Siamo in Sicilia, nella seconda metà dell’800, in pieno Risorgimento, immersi nei moti rivoluzionari tra le camice rosse dei garibaldini e le guardie borboniche del Re. Dai quadri d’insieme emerge, con numerose soggettive e primi piani, la figura del Principe Don Fabrizio di Salina, magistralmente interpretato dall’affascinante Burt Lancaster.
Don Fabrizio incarna l’ultimo baluardo dell’aristocrazia, dell’antica nobiltà agrigentina. A lui fa da contraltare il nipote prediletto, Tancredi, il giovane attore Alain Delon, al suo debutto cinematografico, anche lui diviso tra gli ideali garibaldini portati in primo piano dalle truppe sbarcate a Marsala, nel 1860, e il legame di sangue con lo zio e i suoi punti-forza morali ed estetici dell’aristocrazia.
La visione di entrambi è, a dir poco, di una contemporaneità sorprendente. Pur avendo mezzo secolo di vita, la poetica neorealista di Visconti calza a pennello per descrivere l’attuale situazione politica italiana. Cito solo tre affermazioni dei due protagonisti: Tancredi sottolinea «Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi», a lui risponde lo zio «E dopo sarà diverso, ma peggiore…», per poi concludere «Noi fummo i gattopardi, i leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalli, le iene; e tutti quanti, gattopardi, leoni, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra».
Nella residenza estiva del feudo di Donnafugata, il nuovo sindaco è il rozzo borghese Calogero Sedara, arricchitosi grazie alla carriera politica. Sua figlia Angelica, interpretata da una bellissima e seducente Claudia Cardinale, sarà la sposa di Tancredi, rimasto attratto dai suoi sguardi e dal suo manifesto carisma, ora sfacciato ora sensuale.
Per evitare il fallimento, l’aristocrazia si unisce alla borghesia. Tutto cambia ma tutto rimane com’è. La testimonianza di ciò è resa manifesta nel gran ballo finale che ripercorrerà tutte le fasi esistenziali di Don Fabrizio, fino al culmine del valzer brillante che sigla l’unione delle due classi sociali.
Una nuova società, quella borghese, pressoché immobile, figlia, oserei dire, della stessa aristocrazia ed incapace, per comodità, di portare a termine qualsiasi speranza di cambiamento e qualsiasi fermento rivoluzionario. Lo sguardo di Visconti coincide con quello di Don Fabrizio, un gioco di “doppi” in chiave autobiografica che mira a denunciare quella rivoluzione mancata, per dirla alla maniera di Antonio Gramsci, portata avanti nel Risorgimento e realisticamente analizzata dal Neorealismo viscontiano, a partire da “Senso”.
Una morte dell’aristocrazia che genera una nuova grande incertezza, una nuova era, quella borghese, nella quale dominano la spregiudicatezza e il cinismo.
Tutto è bene sottolineato dalle colonne sonore composte da Nino Rota. Musiche che si snodano e si ripetono nell’intreccio drammatico del film. Si tratta di una serie di leitmotiv (motivi ricorrenti) che inquadrano e descrivono personaggi e situazioni. Motivi che Rota ha ricavato dalla sua incompiuta Sinfonia sopra una Canzone d’Amore. Da questa traghettano nel film: il “tema dell’Amore”, lirico e romantico unisce Tancredi ad Angelica; il “tema del Principe” è il ritratto psicologico di Don Fabrizio, l’astronomo solitario che ama isolarsi nel suo osservatorio; il “tema del Viaggio a Donnafugata” accompagna il trasferimento in carrozza da Salina verso la residenza estiva e, infine, il “tema dei Sogni del Principe” che riunisce tutti i precedenti in una nuova suite, ora espressiva ora eroica, legata ai più significativi spaccati di vita trascorsi dal Gattopardo.
Le danze che costituiscono il ballo finale sono di nuova composizione fino al valzer brillante di Giuseppe Verdi, il cui manoscritto, ritrovato da Mario Serandrei in una libreria antiquaria, è stato trascritto per il momento più memorabile della pellicola, il ballo di Claudia Cardinale con Burt Lancaster.
Un prezioso lavoro di restauro che la Cineteca di Bologna ha curato nei minimi dettagli, dai colori alle colonne sonore, permettendoci di gustare nuovamente il capolavoro neorealista di Luchino Visconti portavoce di temi e situazioni di straordinaria attualità. Ecco come ce lo descrive, fin nei minimi particolari, Schwan Beltson della Twentieth Century Fox «Nel corso degli anni la tecnologia cinematografica è radicalmente cambiata, e una delle principali sfide del restauro è tentare di ricreare l’impossibile esperienza della visione del film così come fu originariamente presentato.
Oggi potenti strumenti digitali ci consentono una libertà quasi illimitata nella manipolazione delle immagini e nella correzione del colore. È così possibile cancellare quasi completamente le devastazioni del tempo e rendere i risultati artistici e tecnici originali de Il Gattopardo più fedelmente di quanto fosse possibile in passato con l’impiego delle tecniche fotochimiche tradizionali. Il Gattopardo fu fotografato con un processo chiamato Technirama, nel quale le immagini vengono impressionate su pellicola 35mm in senso orizzontale anziché verticale. L’immagine anamorfica risultante, che ha il doppio delle dimensioni di un fotogramma 35mm, è eccezionalmente nitida e ricca di dettagli. Il negativo originale del 1963 è ormai sbiadito e mostra molti dei problemi comuni ai film della sua epoca. Un aspetto interessante, tuttavia, è che a causa del processo fotografico i graffi e lo sporco scorrono lungo il fotogramma in orizzontale anziché in verticale. Per questo nuovo restauro i negativi originali in Technirama sono stati scansionati a 8K (8000 linee di risoluzione orizzontale) producendo ventuno terabyte di dati. È stato scansionato anche un interpositivo 35mm per recuperare sezioni necessarie a sostituire materiale assente nei negativi originali. Dopo la scansione tutti i file sono stati convertiti a 4K, e il restauro interamente digitale è stato eseguito a questa risoluzione. In 12.000 ore di restauro manuale sono stati eliminati quarantasette anni di sporco, graffi e altre anomalie fisiche.
Anche la colonna sonora monoaurale originale è stata sottoposta a un accurato restauro, usando un magnetico 35mm acquisito ed elaborato digitalmente per eliminare schiocchi, scatti e rumori mantenendo al contempo le caratteristiche dell’originale.».