[rating=2] Cristo e la Vergine, nelle morbide linee del maestro del ’900 colombiano, rappresentano una svolta nel modo di rappresentare la passione del Signore ma anche un giro di boa nell’arte del pittore conosciuto per l’ironia e il gusto del grottesco. Il dramma entra nelle sue tele in genere sempre psicologicamente distanti dal tema rappresentato.
Nella bella cornice di Palazzo delle Esposizioni di Roma, per l’occasione della Pasqua ma soprattutto del Giubileo, si susseguono sulle pareti 27 dipinti e 34 opere su carta tutte incentrate sull’agonia di Gesù.
Botero, seppur nel cambiamento di genere e di soggetti, non può stravolgere se stesso e quindi, aldilà del tema trattato e dell’indubbio richiamo alle immagini religiose colombiane, inserisce nei suoi quadri mondi sensuali fatti di carni grasse e facce paffute. Il tono ironico però è sostituito da uno sguardo compassionevole del tutto nuovo.
Le figure sovrastano i panorami, quasi completamente assenti. Sono figure grosse, prevalentemente dai tratti maschili, anche quando sono le donne ad essere rappresentate, la Vergine o la Maddalena, per esempio. Le mani sono tozze, i colori sono netti e predomina l’assenza di realismo, tipica dell’artista latino-americano che se ne avvale per rendere, attraverso la mancanza di chiaroscuri e il suo famoso stile caricaturale, l’atemporalità degli eventi.
Per la stessa ragione, in queste opere, è spesso presente un connubio di abiti antichi e moderni. Nel dipinto “Jesù e la Veronica”, la donna che asciuga il volto di Cristo rigato di sangue è infatti una giovane vestita con un moderno abito rosso e con ai piedi delle ballerine color cuoio.
Anche nel dipinto “Ed desnudo di Cristo”, Gesù viene spogliato sotto alle tre croci già issate sul Golgota da due uomini abbigliati l’uno come un centurione romano mentre l’altro, di colore, secondo la foggia moderna, con una camicia gialla su dei pantaloni rossi insieme a scarpe color marrone.
Il passato e il presente si mischiano tra le vie di una Gerusalemme che a volte presenta palazzoni moderni e le epoche si accavallano stupendo lo spettatore per la continua alternanza di registri opposti in una stessa opera. Arriva, quindi, per volontà di Botero, prima l’impatto estetico, la voluta ambiguità crono-spaziale, e solo poi la riflessione si fa emozione osservando lo strazio delle carni del Cristo.
Le opere su carta sono l’esatto opposto. Ai colori accesi si sostituiscono una prevalenza di grigi, l’alternanza del bianco e nero e l’uso di colori tenui mentre le sfumature lasciano il posto ai colori netti cosicché l’immagine si fa più intima anche se sempre improntata all’atemporalità e all’uso ironico della linea.
È questa una mostra che ha il pregio di essere raccolta, di facile fruizione, e che si rivela indubbiamente utile a conoscere meglio un artista famoso e dal talento indiscutibile.