Il gatto, animale amato da moltissime persone è tra gli animali più perseguitati dall’uomo e dalla storia, perché ritenuto spesso strumento del Maligno. In questo mio scritto cercherò, attraverso l’analisi di opere pittoriche di grandi artisti di ripercorrere come l’arte vedesse il gatto.
Animale sacro per le civiltà antiche, nell’Egitto dei faraoni era la dea Bastet. Ed era raffigurata o con sembianze femminili con testa di gatta o direttamente come una gatta. In origine Bastet fu una divinità associata al culto solare, ma col passare del tempo fu associata al culto lunare.
Successivamente dopo la conquista da parte di Alessandro Magno dell’Egitto con la conseguente influenza sulla cultura egizia, Bastet divenne solo una dea lunare; per la cultura greca divenne la dea Artemide. A partire dalla II Dinastia in Egitto, Bastet fu raffigurata come un gatto del deserto oppure spesso anche come leonessa, soltanto intorno al 1000 a.c. viene raffigurata con le fattezze di un gatto domestico.
Bastet era la “Figlia di Ra “, per questo aveva lo stesso rango di altre divinità egizie ma Bastet aveva una particolarità che la caratterizzava, infatti, era uno degli “Occhi di Ra. Per questo Bastet veniva spesso inviata da suo padre a distruggere i nemici dell’Egitto.
Se nella cultura e nella società antica il gatto veniva spesso venerato come divinità non tanto si più dire per quello che riguardò le culture medievali e rinascimentali. Con l’avvento e la diffusione del cristianesimo il gatto sembra assumere sempre più valenze negative facendolo spesso assimilare al male. Questa connotazione negativa deriva dal fatto che per il cristianesimo questi animali erano spesso associati a divinità pagane e per questo dovevano essere combattute.
Ad accrescere ancor di più nell’immaginario collettivo l’immagine negativa del gatto era anche la stessa etimologia della parola gatto, almeno per come veniva interpreta nel Medioevo, infatti il nome secondo alcuni studiosi deriverebbe da “cautus” cioè astuto, maligno, oppure da “cautus” che poi si trasforma in francese in guetter cioè colui che spia e conosce le insidie dell’agguato.
Per la Cabala sia per i Buddisti il gatto è associato al serpente, simbolo del peccato originale. Nei bestiari medievali era molto difficile se non quasi impossibile trovare il gatto, la fama e le opinioni negative sul felino erano destinate a crescere per diventare sempre più negative. Soprattutto nel Rinascimento, nel periodo in cui la chiesa trova maggiore forza ed espansione, crescono i riferimenti al gatto come animale demoniaco, sia per quanto concerne la trattatistica sia nella iconografia artistica.
Lo svizzero Conrad Gesner, nella sua Historia animalium bestiario del 1551 – 1587 affermava che il solo fiato di questo animale potesse nuocere all’uomo in quanto sarebbe stato velenoso. Un altro naturalista, questo italianissimo il bolognese Ulisse Aldovrandi (1522-1605) assimila il gatto ad alcuni peccati come l’accidia e la gola. Per i cristiani il gatto simboleggiava gli adulatori ed i curiosi.
Le cronache ecclesiastiche tramandate da ecclesiastici e dai teologi ci narrano di episodi riguardo a questo animale. Nel 1180 un collaboratore di Enrico II Plantageneto, in un sua cronaca narra di una riunione di una setta eretica i Patarini, movimento sorto in seno alla Chiesa Milanese medievale che seppero coinvolgere diversi settori della popolazione nella lotta contro la simonia ed il matrimonio dei sacerdoti ed, in generale, contro la ricchezza e la corruzione morale delle alte cariche ecclesiastiche.
Nei sec. XI-XII d.c. si sviluppano moltissimi movimenti definititi eretici in seno alla chiesa, in quanto si assiste ad una vera e propria dissoluzione dei valori della stessa. Basti pensare ai Catari, ai Valdesi ed in seguito alla profonda riforma attuata da San Francesco in Italia. Nella riunione, descritta in precedenza, si indica di come gli affiliati al movimento dei Patarini fossero in silenzio nell’attesa che un mostruoso gatto nero scendesse lungo una corda in mezzo a loro, quindi una volta sceso alcuni adepti lo baciano sotto la coda, altri sulle zampe e sui genitali. Lucifero viene adorato sotto le sembianze di un gatto oppure di un rospo.
Nei trattati di demonologia e di stregoneria dei sec. XV e XVI il gatto viene descritto come uno dei trasferimenti preferiti dal Lucifero. Quest’ultimo travestito da gatto, aiuta le streghe durante i loro rituali. Nelle cronache redatte dagli inquisitori che descrivono le testimonianze delle donne inquisite per stregoneria ci sono moltissime confessioni di streghe che sotto tortura affermano di come Lucifero veniva a loro con le sembianze di gatto, caprone oppure sotto forma di uccelli notturni, mentre altre volte sono le stesse streghe a trasformarsi in gatte.
Hans Baldung Grien ci ha lasciato un disegno del 1550 conservato al Louvre intitolato “Streghe al Sabba” in cui un grosso gatto partecipa al rito delle streghe.
A causa di questi motivi questi animali venivano perseguitati ed uccisi gettandoli da torri e campanili, oppure bruciati nei roghi purificatori secondo rituali annuali. Nella città belga di Ypres i felini venivano scaraventati contro la torre del castello durante il cosiddetto “mercoledì” dei gatti” fin dal 962, per poi essere abolito soltanto nel 1674.
Nel 1938 questa tradizione venne ripresa con il cosiddetto “Folle della città” che gettava di sotto dalla torre dei gatti, questa volta di peluche, tradizione tutt’ora attiva e che richiama nella città fiamminga miglia di turisti con cadenza triennale. Spesso durante i riti della Quaresima si bruciavano dei gatti, la prima esecuzione di massa sembra sia avvenuta a Metz nel 962.
Il periodo più oscuro sia per i felini che per la storia della chiesa è quello del XVII sec. d.c. , epoca nella quale l’inquisizione raggiunse il suo apice. Nel 1699 trecento ragazzi vennero processati per stregoneria soltanto perché possedevano dei gatti che secondo l’accusa venivano utilizzati per portare il cibo al demonio. Il processo si concluse con la messa al rogo di quindici di loro mentre per altri trentasei la pena fu quella della gogna pubblica per un anno ogni domenica.
Durante l’incoronazione della regina d’Inghilterra, nel 1558, di Elisabetta II fu occasione di grandiosi festeggiamenti con la messa al rogo di migliaia di gatti che venivano perseguitati come l’impersonificazione della curia romana corrotta.
Nella iconografia cristiana il gatto era considerato malefico e la sua colpa risaliva al peccato originale dato che nel giardino terrestre tutti gli animali vivevano in serenità. Dopo il peccato originale l’equilibro fu sconvolto episodio ben rappresentato nel “Trittico delle delizie” (1503-1504) di Bosch.
Dove si vede che il gatto ha un topo in bocca, con il topo che è in relazione con Eva, causa di tutti i mali del mondo. Ma poiché il gatto è il predatore rappresenta per l’iconografia cristiana la minaccia del demonio mentre il topo rappresenterebbe il debole genere umano impegnato nella lotta contro il male.
Ancora più esplicativa è una incisione del fiammingo Albrecht Dürer del 1504 denominata “Il Peccato Originale “ e nella quale si vede come ai piedi di Adamo ed Eva in corrispondenza del serpente vi è accovacciato un gatto che in questo caso assurge a simbolo delle tentazioni, del peccato e della credulità di Adamo, insomma la rappresentazione del male.
Altro pittore fiammingo Cornelis van Haarlen nella sua opera “Il Peccato Originale” del 1592,conservato ad Amsterdam, dove vi è la presenza del gatto insieme ad una scimmia, altro animale demoniaco: i due animali insieme rappresentano la lussiria e la sensualità.