Home Teatro Un Dolore sotto chiave fedele e ben riuscito

Un Dolore sotto chiave fedele e ben riuscito

[rating=4] Una scena prosciugata, ridotta all’osso, amplifica la tensione psicologica di questo dramma rapidissimo. Dolore sotto chiave solo due volte ha visto la luce del palcoscenico per mano del suo autore. Pensato come radiodramma nel 1959, diventa spettacolo prima nel 1964 e poi nel 1980. Scritto, diretto, interpretato da Eduardo De Filippo, è questo un’esplosione di conflitti e sentimenti lacerati, di calcoli menzogneri – implosi nella loro tiepida corteccia.

La versione del regista Francesco Saponaro cancella ogni lietezza e si appoggia, solo ogni tanto, su qualche frammento ironico, ma fugace come la scia di una cometa. Questa scelta potenzia il senso enigmatico della vicenda, dove mai si arriva a comprendere la causa dei moventi, o se gli alibi sono verità. Tutti i controsensi e la rassegnazione, che fanno pensare all’animo umano come un’incomprensibile macchia di bene e male, rimano con l’opera di Luigi Pirandello. Proprio con un breve monologo del genio siciliano, tratto dalla novella “I pensionati della memoria”, e riadattato in napoletano, infatti si apre lo spettacolo.

La vita è un’illusione”, recita Raffele Galliero, tenendo in mano una candela. Ma sia nel prologo, sia nella vicenda dei fratelli Rocco e Lucia Capasso, sia nel l’esilarante e stupendo Pericolosamente, che segue Dolore sotto chiave, la parola d’ordine è: semplicità. Una semplicità arricchita dal fenomeno musicale della lingua napoletana, che sembra una melodia, ben arrangiata dagli intensi attori, Tony Laudadio, Luciano Saltarelli, Giampiero Schiano. Nella sottrazione, essi amplificano tuttavia il senso, il dolore, la perdita e, nell’ultimo sketch, l’allegria più spinta, come un piacevole prurito che non va via.

Le interpretazioni sono ottime. La regia, sensibile, ha diretto con palese amore un trio di attori divenuti un tutt’uno, sia nella storia di un uomo che ha perso la moglie senza saperlo, e che forse non vedrà mai il figlio avuto da un’altra donna; sia nel putiferio coniugale di un gioco che ristabilisce l’ordine – piccola opera che vive di bellissimi tempi comici.

Il risultato è brillantemente riuscito.

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